Coltivare il caffè a Scampia? Lo faranno i detenuti di Secondigliano per Kimbo

Un protocollo di intesa per il reinserimento professionale dei detenuti, attraverso la formazione e la coltivazione di un terreno all'interno del carcere

Una piantagione di caffè a Scampia? Si può fare. A pensarlo è l'azienda Kimbo, simbolo del caffè a Napoli, dove ha la sua sede, poco distante dal carcere di Secondigliano e dalle tristemente note vele di Scampia. Ed è proprio nel vicino Kimbo Training Center di Melito di Napoli che è stato firmato il protocollo d'intesa dal titolo “Un Chicco di Speranza”, che coinvolge l'arcidiocesi di Napoli e la casa circondariale di Secondigliano.

Un progetto di reinserimento professionale pensato per i detenuti, attraverso tre tipologie di attività legate al mondo del caffè: la prima è un percorso di training per diventare baristi, la seconda una formazione per diventare manutentori delle macchine da caffè di proprietà di Kimbo (che prevede anche l'organizzazione di un'officina e un magazzino ricambi all'interno del carcere), fino appunto alla coltivazione del caffè su un'area di 10mila metri quadrati ubicata nel perimetro dell'istituto penitenziario. La piantagione del "Caffè di Secondigliano" prevede anche il coinvolgimento della Facoltà di Agraria dell'Università Federico II di Napoli, in un percorso di sostenibilità, volto a sfruttare le potenzialità organolettiche del terreno.

I primi dieci detenuti coinvolti nell'iniziativa sono già stati selezionati e i corsi per barista professionale partiranno nell’aula del Kimbo Training Center già nella seconda metà di ottobre 2024. «Un seme di speranza», lo ha definito il presidente di Kimbo, Mario Rubino, che aggiunge: «Abbiamo ricevuto tanto dalla città di Napoli e se oggi Kimbo è il caffè di Napoli, distribuito in 100 paesi del mondo, lo dobbiamo anche alle nostre radici».

 

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