La riapertura porta con sé dubbi, incertezze, timore a fronte di norme cambiate più volte che lasciano spazio a interpretazioni differenti. Riceviamo e pubblichiamo con piacere questa approfondita analisi della parte riguardante la Ristorazione contenuta nel Protocollo in allegato al Dpcm 17 maggio 2020 realizzata da Dario Ciarlantini, consulente e formatore.
«Finalmente è iniziata la tanto attesa Fase 2, anche se diversi locali attenderanno i primi di giugno per riaprire. Con questo intervento voglio contribuire a semplificare alcuni punti (senza sostituirmi alla legge), aiutando anche le piccole realtà, dando consigli e soprattutto stimoli per pensare in modo diverso. La mia esperienza nazionale e internazionale, il confronto con amici e colleghi e i siti istituzionali (Polizia di Stato, Inail, Regioni, DGPRE, Circolari, gli ormai famosi DPCM) da cui ho ricavato i documenti ufficiali, mi hanno permesso di redigere questo contributo. È doverosa una premessa su come affrontare questa lettura. L’interpretazione e i consigli sulle diverse disposizioni sono strettamente personali, i documenti ufficiali spesso sono diversi da regione a regione, pertanto sarà necessario verificare ogni caso specifico. Per quanto possa apparire paradossale, ho pensato a questa situazione come a un’opportunità e non solo come a un problema.
L’approccio del cliente alle nuove misure è quello di timore soprattutto dal punto di vista igienico. Facendo una classifica per importanza dei suoi bisogni, trovo al primo posto la necessità di igiene del locale e dei prodotti, al secondo posto la qualità e al terzo il prezzo. Si può intuire che le misure adottate saranno accettate di buon grado dai clienti, ivi compresa la tanto temuta fila di attesa fuori dal locale che, a rigor di logica, sarà una realtà per ogni attività commerciale che funzioni.
Fatte salve le note norme dell’autocontrollo (Haccp) e il principio di “prevenire e ridurre la propagazione del contagio” che è il riferimento alla base di tutte le norme relative al SARS-CoV-2, iniziamo ad affrontare l’argomento strutturandolo in: norma, interpretazione personale, consigli.
«I tavoli devono essere disposti in modo che le sedute garantiscano il distanziamento interpersonale di almeno 1 metro di separazione tra i clienti… In tali attività non possono essere presenti all’interno del locale più clienti di quanti siano i posti a sedere….». Si evince che chi è seduto al tavolo deve essere ad una distanza di almeno 1 metro dal cliente più vicino, cosa che mi sembra positiva perché garantisce una sorta di privacy e non fa perdere troppo spazio. In passato mi è capitato di sentirmi a disagio per la troppa vicinanza dei tavoli. Nel caso estremo di 2 tavoli con 4 commensali l’uno, considerando che la distanza viene presa tra le sedie più vicine, si possono posizionare i tavoli con gli spigoli prospicenti, formando un rombo, recuperando qualche centimetro.
Laddove ci fosse almeno un lato vuoto, 2-3 commensali, i tavoli possono essere disposti più vicini, basta ottimizzare la disposizione dei coperti. Un consiglio spicciolo: prendere un metro rigido oppure utilizzare un bastone, un manico di scopa o similare della lunghezza di 1 metro, tutte le operazioni saranno molto più veloci, magari considerando una tolleranza di + 10-20 cm.
«…ad eccezione delle persone che in base alle disposizioni vigenti non siano soggette al distanziamento interpersonale; detto ultimo aspetto afferisce alla responsabilità individuale». Abbiamo imparato dai famosi DPCM chi può stare a meno di 1 metro, generalmente si parla di conviventi o di tutte quelle “…persone ospitate nella medesima struttura di accoglienza”, ma di chi è la “responsabilità individuale”? Ancora non ho trovato interpretazioni ufficiali scritte, pertanto, visto il campo molto delicato, preferisco non dare nessuna interpretazione e aspettare chiarimenti ufficiali, con la speranza che ricada sui clienti e non sugli esercenti, già ampiamente impegnati a far rispettare un numero ingente di regole.
«Tale distanza può essere ridotta solo ricorrendo a barriere fisiche tra i diversi tavoli adeguate a prevenire il contagio tramite droplet». È possibile stare a meno di 1 metro, distanza che considero sufficiente, ma che si può ridurre al fine di guadagnare qualche tavolo in più. Qui entrano in gioco la fantasia e l’ingegno, perché, se tutti conosciamo i famosi pannelli in plexigas, possiamo in alternativa utilizzare altri pannelli, i classici separé fatti di griglie di legno, fiori, piante rampicanti oppure vetri o tende, studiando forme diverse che lasciano la parte inferiore scoperta. Il mio consiglio è ragionare su pannelli mobili, sia per dividere i tavoli, sia da posizionare sopra i tavoli all’occorrenza per distanziare una o più coppie di persone che, non rientrando nei casi di “non soggetti dal distanziamento”, vogliono comunque condividere un pasto in sicurezza. In quest’ultimo caso l’alternativa può essere un tavolo di almeno 1 metro, o meglio “…che garantisca la distanza di almeno 1 metro tra i commensali”, facendo attenzione a fornire tutto il necessario per evitare la condivisione di accessori riutilizzabili.
«La consumazione al banco è consentita solo se può essere assicurata la distanza interpersonale di almeno 1 metro tra i clienti, ad eccezione delle persone che in base alle disposizioni vigenti non siano soggette al distanziamento interpersonale; detto ultimo aspetto afferisce alla responsabilità individuale». Questa norma contempla il consumo al bancone del bar in modo quasi specifico. Ripercorrendo quanto detto sopra possono essere sufficienti dei segni a terra. Io preferirei qualcosa di più simpatico rispetto alle strisce con il nastro isolante: già i cerchi con le orme delle scarpe mi danno una sensazione migliore. Nel caso in cui lo spazio lo consenta, prevedere anche una seconda fila di clienti in attesa, posizionando le postazioni in diagonale in modo da guadagnare qualche centimetro. Meglio non usare dei separé sopra il bancone che creano un effetto cabina.
«Il personale di servizio a contatto con i clienti deve utilizzare la mascherina e deve procedere ad una frequente igiene delle mani con soluzioni idro-alcoliche (prima di ogni servizio al tavolo)». I baristi come i camerieri, devono indossare la mascherina. La visiera che spesso indossano i farmacisti dovrebbe essere accessoria alla mascherina, da verificare se possibile utilizzarla in alternativa, come già visto in diversi paesi («In caso di difficoltà di approvvigionamento e alla sola finalità di evitare la diffusione del virus, potranno essere utilizzate altre tipologie di mascherine conformi alle indicazioni dall’Autorità sanitaria» ). Non si fa menzione dei guanti ma di una “frequente igiene”, auspicata anche in condizioni normali. Di frequente ho visto all’estero i baristi utilizzare le mascherine e il personale fisso la divisa e i guanti in una specifica postazione con specifiche mansioni, pertanto ritengo che le misure attuali possano portare a un cambiamento di mentalità più che a una misura estrema.
«I clienti dovranno indossare la mascherina tutte le volte che non sono seduti al tavolo». Nel tragitto dall’ingresso al tavolo e dal tavolo al bagno o all’uscita, bisognerà indossare la mascherina. L’unico momento in cui si può non indossarla è quando si è seduti oppure si consuma al banco, rispettando sempre il metro di distanza.
«Potrà essere rilevata la temperatura corporea, impedendo l’accesso in caso di temperatura > 37,5 °C». C’erano dubbi di privacy sulla possibilità di rilevare la temperatura corporea; mi sembra che questo paragrafo fughi ogni dubbio. «Predisporre una adeguata informazione sulle misure di prevenzione, comprensibile anche per i clienti di altra nazionalità…». Qui rientrano le specifiche «Avvisare il cliente che non può presentarsi in caso di comparsa di sintomatologia febbrile e/o simil- influenzale… Predisporre materiale informativo sulle misure di igiene (locandine, cartelli …) da porre sul banco di lavoro e in altre postazioni facilmente accessibili/visibili per informare sulle modalità organizzative adottate per prevenire il contagio. Materiali informativi utili possono inoltre essere scaricati da siti istituzionali (Ministero della salute, Istituto Superiore di Sanità -ISS, Organizzazione Mondiale della Sanità -OMS, Regioni…)».
«La consumazione a buffet non è consentita». Molti manifesteranno delle perplessità, probabilmente questo è un cambiamento culturale che assorbiremo per gli anni a venire.
«Favorire il ricambio d’aria negli ambienti interni ed escludere totalmente, per gli impianti di condizionamento, la funzione di ricircolo dell’aria… Al termine di ogni servizio al tavolo andranno previste tutte le consuete misure di disinfezione delle superfici, evitando il più possibile utensili e contenitori riutilizzabili se non igienizzati (saliere, oliere, ecc)… La postazione dedicata alla cassa può essere dotata di barriere fisiche (es. schermi); in alternativa il personale deve indossare la mascherina e avere a disposizione gel igienizzante per le mani… Tavoli, banchi, sedie e oggetti di uso comune per il servizio (cestino pane, zuccheriera, saliera, oliera …) vanno invece puliti e igienizzati dopo ogni utilizzo…»
Questi passaggi mi sembrano chiari. Vorrei suggerire di prendere nota di ogni azione di pulizia e igienizzazione fatta, da riportare nel libro di autocontrollo: certo, richiede tempo, ma aiuta nel caso di un eventuale controllo sanitario.
«È necessario rendere disponibili prodotti igienizzanti per i clienti e per il personale anche in più punti del locale, in particolare all’entrata e in prossimità dei servizi igienici, che dovranno essere puliti più volte al giorno… …è raccomandata la frequente pulizia delle mani con acqua e sapone per almeno 20 secondi (in alternativa è possibile utilizzare anche un disinfettante per mani con almeno il 60% di alcol)». Li abbiamo visti di frequente in questi giorni fuori dai supermercati. Mi preme sottolineare l’aspetto dei servizi igienici. Non è prevista la necessità di igienizzarli a ogni utilizzo, si fa riferimento a una pulizia frequente (utilizzare le schede di autocontrollo). Basta mettere a disposizione per chi usufruisce del bagno guanti monouso, carta o panni monouso e prodotti igienizzanti, riportati in precedenza come soluzioni idro-alcoliche. Il distanziamento di 1 metro è da prevedere anche per una eventuale fila di attesa per utilizzo dei servizi, anche qui con dispositivi a terra e/o verticali. Probabilmente ci sarà un calo dell’utilizzo dei servizi igienici rispetto al periodo pre-covid, dovuto a una minore predisposizione del cliente all’uso degli stessi.
«Laddove possibile, privilegiare l’utilizzo degli spazi esterni (giardini, terrazze, plateatici), sempre nel rispetto del distanziamento di almeno 1 metro… In ogni caso, favorire modalità di pagamento elettroniche, possibilmente al tavolo …Per i menù favorire la consultazione online sul proprio cellulare, o predisporre menù in stampa plastificata, e quindi disinfettabile dopo l’uso, oppure cartacei a perdere …Negli esercizi che dispongono di posti a sedere privilegiare l’accesso tramite prenotazione, mantenere l’elenco dei soggetti che hanno prenotato, per un periodo di 14 giorni». Privilegiare e favorire, non prevedono l’obbligo ma danno indicazioni chiare. A mio avviso si può affrontare un cambio di passo importante per il proprio locale con la digitalizzazione. Qualche consiglio:
- il consumo al banco risulterà poco accattivante, il buffet sarà vietato, pertanto entrerà in gioco lo sfruttamento dello spazio all’aperto, ampiamente agevolato dal decreto. Risulterà utile una pratica già in uso in locali alto-vendenti: l’utilizzo del vassoio dove posizionare l’ordinazione. Il cliente lo ritira direttamente al banco e lo porta al tavolo, interno o esterno, dove consumerà l’ordinazione con calma o rapidamente; in quest’ultimo caso risulta essere un’ottima alternativa al frenetico servizio al banco del periodo pre-covid. Il locale ne guadagnerà in termini di immagine e igiene;
- dotarsi di dispositivi digitali, applicazioni, pagamenti contactless, perché contribuiscono positivamente sulla velocità del servizio, sulla gestione delle prenotazioni e del servizio, forniscono il database dei clienti, elevano l’immagine del locale, permetto maggiore interazione tra l’utenza e il menu e, tramite feedback e sondaggi, favoriscono il consumo con offerte mirate e immagini accattivanti; inoltre la percezione del prezzo è diversa, a vantaggio dell’esercente. Il rapporto cliente-barista è comunque salvaguardato, anzi, il risparmio di tempo può essere tranquillamente investito per la cura del cliente;
- la fila esterna può essere uno strumento di promozione. Uno spazio esterno accogliente e gradevole rende piacevole l’inevitabile attesa e predispone positivamente il cliente all’acquisto. Utilizzare immagini di impatto, menu posizionati anche all’esterno, possibilmente con l’ausilio di schermi digitali, Wi-Fi gratuita. Immaginate di essere in fila come cliente, vedere che esiste un’app del locale, di scaricarla tramite la Wi-Fi, accedere a un menu accattivante, ordinare con qualche click, pagare e quando siete entrati dovete solo ritirare, magari scambiando qualche battuta con il barista.
Aggiungo altri suggerimenti.
- Gli assembramenti sono un nodo cruciale. L’esercente deve attuare quanto in suo potere per evitarli di fronte al locale. Un’ottima soluzione è data dalle segnaletiche orizzontali e/o verticali poste anche all’esterno del locale, per regolamentare le file, nel rispetto della distanza di 1 metro. L’utilizzo di cartelli che indicano dove inizia la fila, che avvertono «si prega la gentile clientela di evitare ogni forma di assembramento nei pressi del locale, come dalle vigenti norme….», sono sicuramente segnali che le autorità di controllo apprezzano; probabilmente sarà sufficiente limitarle al perimetro esterno del locale evitando sconfinamenti non graditi.
Per similitudine con altri categorie commerciali, dove possibile è bene «…favorire la differenziazione dei percorsi all’interno delle strutture, con particolare attenzione alle zone di ingresso e uscita».
- In questo periodo di lockdown molti esercenti hanno operato con il delivery (consegna a domicilio) e il take away (asporto dal locale), molti di loro, che si sono cimentati per la prima volta spinti dalla necessità, continueranno a sfruttare questi strumenti anche in futuro, affiancandoli alla normale gestione delle consumazioni in loco.
- La qualità è un altro grande scoglio che possiamo superare in questa situazione. È l’occasione di aumentare la qualità dei nostri prodotti, non si può stare sotto certi livelli minimi, avendo sempre cura di tener d’occhio i costi.
- Ampliare la proposta del menu. Tutti sanno che i bar vendono espressi e cappuccini, non c’è bisogno di pubblicizzarli, puntare a prodotti nuovi, che danno un margine maggiore e che consentono di aumentare lo scontrino medio.
- Ultimo, ma non ultimo, investire nella formazione e nell’aggiornamento, sia dal punto di vista igienico sanitario sia dal quello professionale, è un caposaldo del successo di ogni attività.
Spero che questo documento sia di stimolo per molte nuove idee, che permetta di vedere la situazione in modo diverso, più positivamente, con l’augurio che queste nuove idee vengano condivise in modo da dare a tutti la possibilità di crescere, facendo squadra: se non ora, quando?».