Al World of Coffee di Berlino l’Italia ha acceso una nuova stella nel suo firmamento di finali, podi e vittorie conquistate alle finali mondiali del circuito Sca. Lo fa con Manuela Fensore, campionessa mondiale di Latte Art. Una vittoria ancora più densa di soddisfazione e di orgoglio se si guarda la rosa dei finalisti: a contendersi il primato c’erano i rappresentanti dei grandi riferimenti mondiali per la categoria: Sud Corea, Hong Kong, Giappone, Cina, Taiwan e Manuela, che da subito aveva sfoderato una freddezza e una determinazione unite al sorriso che mai l’ha abbandonata, che facevano comprendere che qualcosa di profondo era cambiato dal suo esordio ai mondiali dello scorso anno. Allora andò in pedana una concorrente capace ma intimidita, che in semifinale dimenticò di togliere i guanti e non riuscì a governare al meglio la propria gara.
Quest’anno il cambiamento si è visto subito: sorriso e dialogo con i giudici, mano fermissima e quella lattiera che dopo avere definito con precisione le rosette che formavano l’”impalcatura” dei suoi disegni, si trasformava poi in una sorta di “pennarello” bianco che disegnava tratti precisi sul “foglio” della crema di latte. L’unico momento di indecisione si è colto in finale, quando ha sommato dieci secondi di overtime: «per curare al meglio l’ultima tazza, il designer, con il pappagallo, non mi sono resa conto di avere rallentato. La difficoltà era gestire il latte, molto particolare in quanto non omogeneizzato. Questo fattore ha penalizzato tutti e ha messo a dura prova la capacità di sapere gestire l’imprevisto di ogni concorrente. Ho sempre sorriso, ma quando ho visto quei dieci secondi di overtime, che mi avrebbero potuto penalizzare pesantemente (ogni secondo è un punto in meno) mi è venuta una gran rabbia, perché temevo che si allontanasse il mio obiettivo, che era quello di essere sul podio, non importa se sul primo, il secondo o il terzo gradino, ma di esserci». I punteggi sono stati molto alti sia a livello di performance sia di esecuzione in tazza e questo ha fatto la differenza. Trai decori, che hanno disegnato figure animali, ne identifica due particolarmente premiati dalla giuria per la complessità e la fattura eccellente: la testa di cavallo e il cavalluccio marino disegnato nella tazzina da espresso, in cui stupiva la ricchezza dei particolari in dimensioni così ridotte.
Una decisa metamorfosi: «l’anno scorso - riprende Manuela Fensore - era la mia prima volta a una competizione mondiale e anche all’estero; non avevo la consapevolezza delle mie capacità, mi sentivo fuori luogo, non sapevo bene l’inglese: tanti fattori che mi hanno resa più fragile. Da allora ho cercato di comprendere cosa avevo sbagliato e come procedere. Il mio problema non era tecnico, ma interiore: ho lavorato per conquistare quella serenità che mi ha accompagnata per tutta la gara». Un altro importante punto di forza è stata la presenza di una squadra coesa che l’ha accompagnata nel suo cammino di preparazione e in finale. «E’ stato un team quasi tutto al femminile, con le sorelle Mauro, Mary come mental coach, Daniela che mi ha aiutato nella definizione dei disegni, Anna nei testi. Chiara Bergonzi è stata il mio coach, il mio riferimento costante e Carmen Clemente mi ha sempre sostenuta. Mi sono appoggiata anche al campione mondiale 2018, Irvine Quek Siew Lhek, della Malesia, che secondo me era la persona che più si avvicinava al mio stile ed è umile, come me; si esprime in modo assolutamente naturale grazie a un talento innato. Un grazie a Fabio Verona e a Costadoro, che mi ha appoggiata offrendo il materiale con cui lavorare e con loro La Cimbali, Sevengrams, Lot Zero Specialty Coffee, Sanremo, Anfim». A tutto ciò si sono uniti una grandissima determinazione e un impegno costante e metodico nell’allenarsi.
Di progetti per il futuro non è il momento di parlare. Manuela riceve in continuazione chiamate, messaggi e, tra tensione e incredulità, ha bisogno di qualche giorno per realizzare a pieno una realtà che senza dubbio le farà cambiare vita, aprendole prospettive nuove e tante opportunità. Buon cammino e complimenti ancora. E se davvero quel decoro ha fatto la differenza, avevano ragione gli antichi greci e romani a individuare nel cavalluccio marino, ritenuto un attributo del Dio del mare Poseidon/Nettuno, un simbolo di forza e potenza, che non ha mancato di compiere il suo “dovere”.