Il ritorno al bar per il rito di un buon espresso o di un cappuccino e brioches è stato tra i principali desideri degli italiani durante il lockdown: un’abitudine che alla riapertura molti hanno accolto con entusiasmo già dalla prima fase limitata al solo asporto. Il lavoro a casa e la paura del contagio hanno poi costituito un freno all’ingresso nei locali, che piano piano sta lasciando il posto alla fiducia e al ritorno al “solito”, anche se in modo disomogeneo. Le zone centrali delle città, dove è maggiore la concentrazione di uffici e ha un peso maggiore il turismo, soffrono degli effetti dello smartworking e del ridotto numero di vacanzieri (anche questi in lento incremento), mentre le zone periferiche e i locali in piccole località non turistiche hanno recuperato buona parte della propria clientela (70-80% e anche più). «Il quadro migliora, ma rimane assolutamente preoccupante - afferma Patrick Hoffer del Consorzio Promozione Caffè, nonché della torrefazione Corsino Corsini -. Basti considerare il fatto che delle 800 torrefazioni presenti in Italia, il 90% opera quasi esclusivamente con il canale horeca, in cui le vendite di caffè tostato sono state prossime allo zero, con una perdita di circa 72 milioni di euro. Il tessuto economico della maggior parte dei locali italiani è molto fragile: spesso si tratta di aziende di famiglia, sane ma molto semplici: non hanno alle spalle realtà come le grandi catene che ci sono all’estero, strutturate e con capitali. Un primo passo urgente per aiutarle e sostenerle è una riduzione del costo del personale: con il bel tempo tornano i clienti, ma il lockdown ha lasciato il segno. Bisogna dare agli operatori la possibilità di avvalersi dei propri collaboratori senza pesi eccessivi sui bilanci». Un dato positivo che emerge da una ricerca dell’Università Roma Tre per Unione Italiana Food, è che l’aspetto di forza costituito dal made in Italy, nell’ambito del quale il caffè è considerato come eccellenza, si prevede non sarà intaccato dalla crisi legata al Covid.
A fronte del numero elevato di imprese che soffrono e che rischiano di non riaprire, «il Consorzio vuole fare qualcosa di concreto per aiutare il mondo del caffè - riprende Hoffer -: è infatti in corso una campagna di comunicazione che vuole contribuire a riportare il cliente nei locali, puntando sulla sicurezza e sul piacere che solo un espresso, un cappuccino, una colazione al bar sanno dare».
Un’ultima nota sul tanto dibattuto aumento del costo della tazzina: «il prezzo è libero, nessuno lo può imporre, ma è deciso dal mercato stesso - conclude Hoffer -. Chi offre un prodotto di qualità, riesce a dare un valore alla tazzina e a farlo riconoscere dal consumatore. Può pertanto aumentare il suo prezzo, dando il giusto riconoscimento al proprio prodotto e al proprio lavoro. Ritengo che il percorso di formazione e di crescita professionale del barista intrapreso dalla maggior parte dei torrefattori sia il modo più corretto ed efficace per innalzare la qualità del prodotto, quindi il suo valore».
Il Consorzio Promozione Caffè riunisce Aziende che producono e commercializzano le diverse tipologie di caffè torrefatto, caffè decaffeinato, caffè solubile e capsule e cialde di caffè, oltre che produttori di macchine professionali per caffè. Da oltre 20 anni promuove un programma di educazione e informazione sul caffè e le sue caratteristiche, il comparto caffè e il mercato, gli effetti del caffè sul benessere sulla base delle evidenze scientifiche pubblicate.