Riscuote unanime soddisfazione la notizia diramata lo scorso 20 gennaio dal sottosegretario alle Politiche agricole alimentari e Forestali Gian Marco Centinaio, relativa all’approvazione da parte del Mipaaf alla candidatura a patrimonio immateriale dell'umanità dell’Unesco del caffè espresso italiano. All’annuncio si è unita la soddisfazione per un risultato importante che vede il superamento di ogni divisione e che vede ogni parte d’Italia riconoscersi in quella che è più che una bevanda: un vero e proprio rito e «parte integrante della nostra socialità che ci contraddistingue nel mondo».
Alle spalle di questo passo c’è una lunga storia, che prende il via con il protocollo del dossier alla commissione Unesco nel marzo del 2016 realizzato grazie all'intuizione del presidente del Consorzio di tutela dell’espresso italiano tradizionale, Giorgio Caballini di Sassoferrato. Il lavoro è stato intenso e non senza difficoltà, come sottolinea Mauro Agnoletti, professore universitario e coordinatore della candidatura: «Dopo più di un anno di riunioni e mediazioni, il dossier che sarà ora presentato alla commissione nazionale Unesco, rappresenta anche un bell’esempio di ritrovata unità dellle diverse identità del nostro paese intorno un dei tanti elementi forti della sua culturale alimentare”. E aggiunge come la candidatura sia «in grado di dare forte risalto all’Italia come come polo mondiale in termini di produzione alimentare di qualità e di cultura del cibo: non produciamo caffè eppure siamo riusciti a imporre questa nostra elaborazione della materia prima a tutto il mondo».
Da parte sua Michele Monzini, presidente del Consorzio Promozione Caffè, afferma: «si tratta di un risultato importante, il giusto riconoscimento di un prodotto capace di unire le molteplici ricchezze e le diverse tradizioni del nostro incredibilmente vario territorio in un unico rito, quello del caffè al bar, fatto di piacere, socialità, identificazione, che ci viene riconosciuto – e mi permetto di dire con orgoglio, copiato - in tutto il mondo». Non manca di evidenziare l’importanza per l’economia italiana di questo settore, che conta oltre 800 torrefattori, più di 7.000 dipendenti, un fatturato di 3,6 miliardi di euro.
«Dopo due anni in cui le nostre vite sono, di fatto, sospese a causa della pandemia, abbiamo bisogno di recuperare il valore delle nostre tradizioni, anche attraverso atti dal forte valore simbolico - osserva Alessandro Cavo, presidente de Gli Storici e consigliere delegato di Fipe-Confcommercio -. Per questo siamo estremamente felici che il ministero delle Politiche agricole e forestali abbia deciso di ufficializzare e sostenere la candidatura del caffè espresso italiano presso l’Unesco. In questo modo saremo in grado di promuovere un’eccellenza tutta italiana, uno stile di vita inconfondibile e insostituibile, un rito inclusivo e unico, in tutto il mondo». Fipe ha da subito appoggiato la candidatura e auspica che l’approvazione possa sancire il riconoscimento di un rito che è segno di una convivialità che l’emergenza sanitaria oggi limita e in un recente passato ha anche negato.
Esprimo tutta la mia felicita’ per la candidatura del caffe’ espresso italiano all’Unesco come patrimonio del umanita’.