In questi giorni di grande caldo è il caffè freddo, nelle sue numerose versioni, vive un periodo di grande popolarità. Succede così di entrare in locali in cui anche più litri di cold drip si esauriscono nell’arco di poche ore e alla sua richiesta il cliente viene invitato a gustare uno shakerato (che poco a che fare con il piacere “lungo” e la leggerezza di un’estrazione a filtro) o altre bevande al caffè. Una prima soluzione può essere quella di preparare un maggiore quantitativo di caffè facendolo oltre che con cold drip, anche in infusione, nelle apposite bottiglie con il filtro al cui interno porre il macinato, oppure in contenitori in cui versare l’acqua con valori di 55-110 ppm di durezza totale e 40-70 ppm di alcalinità e il macinato con una granulometria circa 600 micron, ovvero una via di mezzo tra il french press e il V60 (70gr/litro per un prodotto normale, 120 g/litro per uno concentrato, da prediligere nei periodi di alto consumo grazie alla sua maggiore resa) da lasciare in infusione in acqua con valori per circa 6 ore, avendo cura di mescolare ogni paio d’ora circa.
Per fare fronte alle emergenze con un prodotto all’altezza delle aspettative o rispondere ai clienti che preferiscono la resa aromatica di un caffè estratto a caldo e poi raffreddato piuttosto che di uno estratto a freddo, si può offrire quello che è entrato ormai nel menu di numerose caffetterie, ovvero un Japanese Iced Coffee. Ci ha mostrato la sua realizzazione Jessica Sartiani, che abbiamo incontrato al Simbiosi Organic Café di Firenze, che lo propone a 3,50 euro nel formato da 200 ml e 6 euro in quello da 400 ml. La proporzione utilizzata è quella classica, di 60 gr/litro. Per un classico V60, prima si bagna il filtro di carta per ripulirlo, quindi si svuota il server, si pone sulla bilancina e si versano in esso 100 gr di ghiaccio (che sciogliendosi raffredderà la bevanda portandola al quantitativo classico di 250 ml).
Si aggiunge il cono in cui si versa il macinato, nuova tara, quindi si inizia a versare l’acqua calda. «Personalmente comincio versando 50 ml per la preinfusione; aspetto 30 secondi e aggiungo i rimanenti 100 ml. Il tempo di contatto di 1 minuto e mezzo è ideale per estrarre la parte più aromatica; prolungando si può avere anche quella più amara. Per avere una preparazione più “robusta” possono variare sia la macinatura, rendendola più fine, sia la grammatura, aumentandola. L’estrazione prende poco più di due minuti e il ghiaccio si scioglie praticamente subito: la bevanda è piacevole e freschissima”. Questo metodo si può utilizzare anche con il chemex, l’aeropress e i sistemi automatici. Come sempre quando si parla di estrazioni a filtro, sono consigliate tostature più chiare della classica miscela per espresso e singole origini, tra cui si consiglia di offrirne una più “rotonda”, dunque in linea con il gusto italiano e una più aromatica con una buona acidità unita a dolcezza, ad esempio un Etiopia lavato o un Kenya.