Finalmente, dopo un lungo tira e molla, i bar e i locali pubblici che effettuano somministrazione di cibi e bevande hanno potuto riaprire. A sancirlo è stato l’ultimo di una lunga serie di decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale di domenica 17 maggio, che ha decretato l’inizio della cosiddetta Fase 2 per un gran numero di esercizi commerciali, tra cui, appunto i bar.
Chi però pensava di trovarsi di fronte a una serie di norme e protocolli uniformi, certi e uguali per tutti è rimasto deluso. Il provvedimento fissa infatti una serie di indicazioni a livello nazionale, mutuate da una serie di provvedimenti già varati nelle scorse settimane, e rimanda poi alla Conferenza delle Regioni e alle singole amministrazioni regionali sia l’ultima parola sulla riapertura, verificate le condizioni epidemiologiche del territorio, sia i protocolli da seguire per mantenere igiene e sicurezza delle persone, personale e ospiti.
Il protocollo Inail? Non è stato adottato
A confondere ancora di più le idee è stata l’anticipazione, nei giorni precedenti la pubblicazione del decreto, di un documento tecnico prodotto dall’Inail in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, che proponeva, tra le altre cose, di distanziare tra loro i tavoli di almeno 2 metri e di prevedere uno spazio occupato di almeno 4 metri quadrati per ogni singolo cliente del bar.
Il protocollo Inail ha suscitato molte polemiche e apprensioni tra imprenditori e lavoratori del settore, ma alla fine non è stato adottato. Conteneva le indicazioni più conservative rispetto alla salute delle persone, ma alla fine non è stato adottato, superato dalla posizione di alcune regioni che hanno tenuto in considerazione l’esigenza economica di sostenere le attività, favorendo un maggiore afflusso di persone rispetto alle indicazioni Inail/ISS e puntando sulla responsabilizzazione dei cittadini, gestori e avventori dei locali.
Lo scenario che è scaturito da tutta questa trattativa è una sorta di compromesso che fornisce finalmente, alle imprese della somministrazione, un quadro in cui operare.
Le regole da seguire
Aiutati da Valerio Sarti, tecnologo alimentare e consulente nell’ambito del settore agroalimentare, riassumiamo in breve le regole fondamentali a cui il gestore di un bar può e deve attenersi per essere in regola. «Va innanzi tutto considerato», osserva l’esperto, «che l’insieme delle norme da seguire risulta dall’incrocio di vari provvedimenti, che il gestore deve tenere in considerazione. Se infatti le regole di servizio e per l’esercizio dell’attività sono contenute nei vari protocolli regionali, tutto quanto definisce invece il trattamento dei dipendenti e dei lavoratori, l’effettuazione delle consegne e la ricezione delle merci da fornitori è previsto nel protocollo del 24 aprile 2020, definito da Confindustria e sindacati e condiviso dal Governo. Attenzione quindi a non focalizzarsi soltanto sui protocolli regionali, dimenticando anche altre fonti normative».
Dipendenti e ingresso al lavoro
Per quanto riguarda l’accesso del personale al bar valgono le regole già stabilite per tutte le aziende con il protocollo del 24 aprile, che possono tradursi in pochi semplici punti:
- il rilevamento della temperatura corporea all’inizio del lavoro, che deve essere inferiore a 37,5°C;
- l’obbligo di indossare sempre mascherina e guanti nel momento in cui trattano alimenti e bevande e si effettua il servizio;
- l’avvertenza di lavare con grande frequenza le mani.
Gli addetti devono mantenersi a una distanza superiore a un metro tra loro e devono avere un atteggiamento responsabile, per esempio non recandosi al lavoro in presenza di sintomi compatibili con Covid-19 o di febbre superiore a 37,5°C.
Il datore di lavoro è tenuto a fornire ai dipendenti gli strumenti di protezione personale (mascherine e guanti) e a fornire una formazione sui comportamenti da tenere.
Deve anche definire percorsi e punti di accesso predefiniti e sempre uguali per i fornitori.
Il testo integrale del protocollo è scaricabile a questo link.
Sanificazione iniziale
Sull’igiene e le procedure di pulizia da tenere nel locale si è fatta molta confusione nei giorni scorsi, anche per i diversi riferimenti normativi creati con l’introduzione progressiva, anche per i locali pubblici, della possibilità di effettuare servizi di delivery, e poi anche di take away.
Si tratta anche di norme che lasciano spazio a un certo tipo di discrezionalità, perché impongono per esempio al gestore di dare “garanzia” che la sanificazione del locale sia stata fatta e che la pulizia venga condotta almeno una o due volte al giorno. In che cosa si debba configurare questa garanzia non è spiegato dalle norme.
Due sono gli aspetti chiave: la disinfezione da effettuare per la prima riapertura del locale e la definizione di procedure ben definite per la pulizia giornaliera, e quindi per la gestione quotidiana dopo la riapertura. Per orientarci meglio su che cosa fare abbiamo chiesto indicazioni all’esperto Massimo Valerio Sarti.
«Iniziamo con la disinfezione del locale per la prima riapertura. Molti l’avranno già fatta. In ogni caso un’indicazione molto seguita è stata quella di rivolgersi ad aziende specializzate, in grado di rilasciare, al termine del lavoro, una documentazione che attesta le procedure seguite e i prodotti utilizzati, con tanto di schede. Il governo ha anche previsto un’agevolazione, sotto forma di un credito d’imposta del 50% delle spese sostenute per questo tipo di operazione. Le norme però non escludono che la disinfezione iniziale possa essere fatta anche dallo stesso gestore del locale. L’importante, se si sceglie questa strada, è produrre una documentazione inappuntabile, che indichi tutte le procedure seguite e i prodotti utilizzati. Chi ha una buona dimestichezza con le pratiche di autocontrollo Haccp e con la realizzazione delle schede tecniche è senz’altro avvantaggiato e più sicuro di fare le cose per bene».
Ricordiamo che i prodotti raccomandati per la disinfezione sono quelli a base di alcol isopropilico a una concentrazione del 75% o superiore e quelli a base cloro a una concentrazione dell’1% o superiore (anche al 5% per la disinfezione dei bagni).
Igienizzazione quotidiana
E per la pulizia ordinaria, quella quotidiana? Occorre verificare i protocolli regionali e attenervisi. Per esempio, nell’ordinanza della Regione Lazio si legge: «Il gestore assicura l’igienizzazione almeno due volte al giorno e la sanificazione quotidiana dei locali, degli ambienti, delle postazioni e strumenti di lavoro, dei tavoli, sedie e oggetti che vengono a contatto con i clienti, ove possibile con prodotti usa e getta». L’ordinanza della Regione Lombardia, invece, parla di “disinfezione” delle superfici al termine di ogni servizio al tavolo.
Occorre quindi avere molto chiara la differenza tra igienizzazione, disinfezione e sanificazione, che prevedono l’impiego di prodotti e gesti diversi.
Con “igienizzazione” si intende la pulizia con normali detergenti, con “disinfezione” la pulizia mediante l’uso di disinfettanti per eliminare ogni presenza di microrganismi o patogeni, mentre la “sanificazione” è un’operazione combinata che prevede fasi in successione di igienizzazione e disinfezione.
«Anche in questo caso», osserva Sarti, «è opportuno per il gestore definire dei protocolli precisi e produrre una documentazione, consultabile in caso di ispezione, come abitualmente si fa sulla base del manuale di autocontrollo Haccp».
Su questo punto abbiamo ricevuto obiezioni che le microaziende con meno di 5 dipendenti non sono tenute a produrre le schede tecniche in regime Haccp, ma al riguardo è opportuno sottolineare un aspetto.
«La documentazione relativa alle pratiche di igiene quotidiana da produrre per l’emergenza Covid-19 - sottolinea Sarti - non hanno nulla a che vedere con l’Haccp. La trasmissione del virus, infatti, non avviene attraverso il cibo, quindi non stiamo parlando qui di sicurezza alimentare. Le procedure di pulizia e le schede da produrre in questo caso servono a un altro scopo, molto importante. La normativa nazionale, infatti, prevede una responsabilità penale del datore di lavoro nel caso in cui un suo dipendente o collaboratore contragga il virus sul luogo di lavoro, a meno che il datore di lavoro stesso non dimostri di aver seguito con scrupolo tutte le misure per assicurare la massima sicurezza ai propri collaboratori. La documentazione da produrre, quindi, serve a questo, ed è fondamentale per il gestore».
Tra l’altro ci è giunta la segnalazione che enti preposti ai controlli stanno inviando in questi giorni lettere ai titolari di aziende, anche di ristoranti e locali pubblici, con cui chiedono di esibire, entro 48 ore, la documentazione che attesti l’esecuzione di una serie di misure.
Tra i documenti richiesti figurano come la formazione del personale alle nuove norme da seguire, la copia delle fatture di acquisto di mascherine, gel idroalcolici e termometri o le dichiarazioni firmate dei dipendenti che attestano di avere ricevuto i dispositivi di protezione personale. Si tratta evidentemente di una procedura per accelerare le verifiche ed estenderle al maggior numero di aziende. Dato il brevissimo preavviso può essere opportuno tenersi pronti per richieste di questo tipo.
Condizioni ideali per il servizio
Quali sono, infine, le regole da seguire per effettuare correttamente il servizio? «Rispetto alle indicazioni iniziali di Inail/ISS», commenta Sarti, «è emersa una regola che potremmo definire “del metro”. Quindi distanza di un metro tra gli avventori che consumano al banco, tra coloro che siedono al tavolo e di almeno un metro tra i tavoli nel locale».
Confrontando le varie ordinanze regionali e riassumendo il tutto possiamo definire una serie di indicazioni.
- Chi ha tavoli all’interno del locale deve privilegiare la consumazione al tavolo, possibilmente ricorrendo alla prenotazione.
- Attenzione: gli elenchi di chi ha prenotato vanno conservati per almeno 14 giorni, per facilitare l’attività di tracciamento dei contatti del Servizio Sanitario Nazionale.
- Sul tavolo non vanno lasciati oggetti di uso comune come oliera, pepiera o saliera.
- La pulizia di tavolo e sedie va effettuata dopo ogni consumazione.
- I menu possono essere realizzati su una lavagna visibile a tutti o su carta usa e getta.
- Al banco gli avventori devono stare a un metro di distanza tra loro e dal personale di servizio.
- Sul bancone vanno messi a disposizione gel idroalcolici per la disinfezione delle mani e il bancone stesso va pulito con la massima frequenza.
- L’accesso al locale va regolato badando che gli ospiti mantengano la distanza interpersonale tra loro e all’ingresso va collocato un distributore di gel idroalcolico, meglio se automatico.
- Se possibile l’entrata e l’uscita devono essere differenziati e avvenire da passaggi diversi.
- Vanno privilegiati sistemi di pagamento elettronici contactless.
- Riguardo alle protezioni in plexiglass se ne fa esplicito riferimento solo a eventuale protezione di punti particolarmente delicati, come la cassa.
Molto bene . Un utile chiarimento per i gestori dopo le solite confusioni con disposizioni che si susseguono in modo inappropriato.