Il fatturato dei locali notturni è calato anche del 40%. Colpa della crisi e di una legge anti alcol che penalizza incassi e presenze. Tagliare i costi non basta. Occorre investire in formazione e managerialità. Il punto di esperti e operatori.
Negli ultimi anni abbiamo conosciuto nuovi modelli di discoteca. Spazi dove clubbing e ristorazione convivono sinergicamente (disco-restaurant), locali dove ci si può scatenare ma anche rilassare (lounge-disco, bed club ecc.), oltre a una schiera nutrita di ambienti a tutta tecnologia, pieni di laser e di effetti speciali che manco “guerre stellari”. Nonostante queste fortunate esperienze il settore dei locali da ballo attraversa un periodo di difficoltà. La realtà è sotto gli occhi di tutti gli operatori della notte. L'industria del divertimento, che a metà degli anni '80 snocciolava cifre impressionanti, oltre 5.000 tra discoteche e locali da ballo, fatturato di oltre 3 miliardi di lire l'anno (tra ingressi e consumazioni), 80.000 posti di lavoro, compreso l'indotto, oggi registra 2.500 locali, un calo di consumazioni pari a circa 2,5 milioni di euro e una prevedibile perdita di migliaia di posti di lavoro. L'ultimo colpo al sistema lo ha inflitto la legge n. 160/07, quella che impone il divieto di somministrazione di alcolici dopo le 2 di notte. Norma punitiva, come sostengono molti, che ha portato i ragazzi, gli stessi che prima consumavano in discoteca, a rifornirsi di alcolici nei banchetti abusivi fuori dai locali o direttamente dal sedile delle loro auto. Una legge, che lontano dal tenere a riparo i giovani dell'abuso di bevande alcoliche, un risultato concreto l'ha ottenuto: il crollo delle vendite. Segnali della flessione erano evidenti già la scorsa estate, ma ora sono i numeri a confermarlo. Una ricerca Axis (“Legge 160/07: la parola agli operatori”), commissionata da Silb-Fipe e realizzata effettuando 66 interviste a rappresentanti sindacali provinciali di tutta Italia, mette ancora meglio in luce lo stato di crisi del settore.
Tagli di personale e ingresso gratis
La diminuzione media del fatturato dei locali da ballo risulta pari al 21,5%, le presenze scendono al 21% e il fatturato, a Roma come a Milano, precipita del 40%. Antonio Flamini, presidente Silb Roma e Lazio e vicepresidente nazionale, non vuole però sentire parlare di crisi: «Penso più a una fase di mutamento. In un periodo complesso dell'intero sistema economico, il nostro obiettivo deve essere quello di sapersi adattare e in fretta. Il grande errore è la staticità. Per il nostro settore è vitale stare al passo coi tempi e le mode».
Dinamismo, questa potrebbe essere la ricetta anticrisi secondo Flamini. E, in effetti, alcuni imprenditori sono stati reattivi come cobra. Specie nel tagliare il personale. Barman, camerieri, vocalist, grandi dj, tutti fuori. Altri hanno deciso al posto del personale di tagliare le serate, scegliendo di restare aperti solo una, al massimo due, sere la settimana. Altri ancora hanno offerto l'ingresso libero o l'hanno ridotto (all'osso). Altri hanno reagito proponendo l'entrata gratuita con drink in omaggio, “giusto per alimentare il giro”.
«Nessuno - analizza il giornalista e critico musicale Pierfrancesco Pacoda - è più disposto a spendere delle cifre per andare a ballare. Specie i giovanissimi si sono disaffezionati alla musica. Se crolla la discografia, crolla anche perché gli adolescenti non hanno vissuto l'era in cui il vinile e i cd erano feticci da collezionare. Preferiscono scaricare file digitali, perché pensano alla musica come qualcosa che debba essere libera e a disposizione. E, nota bene, nessun ragazzino si mette più in coda per acquistare un disco».
Prezzi e budget, variabili da rivalutare
Insiste sull'utilità di una revisione della politica dei prezzi anche Joe T. Vannelli, nella tripla veste di dj superstar, proprietario del club Area Venezia e consulente della discoteca Canniccia in Versilia. «Aiutati che Dio ti aiuta - esordisce - se prima si lavorava un'ora adesso si deve lavorare il doppio, ma per ricavare la metà. La faccenda è complessa. Per questo motivo si deve stare attenti, lavorando su più fronti. Da una parte bisogna aiutare il pubblico con biglietti d'ingresso a prezzi più contenuti, dall'altra pianificando con accuratezza il budget delle serate». Le operazioni di sconto, di taglio prezzo, di controllo del bilancio sono vitali ma serve anche dell'altro, come mette in evidenza Davide Nicolò, esperto di tendenze nel mondo della notte: «Nei club della Romagna la stagione estiva è stata nera, ma per qualcuno meno. L'ha spuntata chi ha investito sulla professionalità della risorse umane e sulla loro formazione. E i risultati si sono visti. Finalmente in locali come il Peter Pan o il Nu Echoes siamo tornati a un servizio di qualità ovunque: dal bar ai tavoli, dalla pista al guardaroba, alla porta».
Gli investimenti sul capitale umano sono necessari, come precisa Antonio Flamini del Silb, anche se per questa riqualificazione sono necessari forti investimenti. D'altro canto però qualcosa va fatto per uscire dalla palude. Riflette Frankie P, dj e direttore artistico del Des Alpes Madonna di Campiglio: «Il nostro settore deve entrare in una logica di impresa. Deve strutturarsi esclusivamente con professionisti, curare il servizio, la comunicazione e puntare con maggiore attenzione alla musica di qualità e a una sana promozione dell'arte e dello spettacolo». Altrimenti i “Signori della Notte” rischiano l'ennesima fuga di clienti verso altre realtà, in direzione di spazi che in questo periodo gongolano. Ci riferiamo ai locali del cosiddetto “new entertainment”, lounge, discobar, bar sulla spiaggia. Ma anche verso realtà ai limiti della legalità, ma estremamente vitali, come i rave party.
Aprirsi alle nuove mode, senza strafare
«Molti si sono avvicinati ai rave - commenta Pacoda - un po' perché non c'è l'ingresso da pagare, un po' perché rappresentano una forma di rottura generazionale». La morale è che oggi come non mai, occorre essere sensibili e ricettivi verso i nuovi gusti artistici. Senza tralasciare, come avviene nel campo della moda anche i segnali che vengono dall'estero o dall'universo underground. «Molti locali - commenta Vannelli - preferiscono l'omologazione, la stessa musica, gli stessi dj. D'altra parte non si deve essere troppo “avanti”. Se si è sperimentali si corre il rischio che il pubblico non recepisca il messaggio». E se lo dice uno dei grandi innovatori della musica dance, un fondo di verità deve esserci.