Nei giorni scorsi vari quotidiani e alcuni mezzi d’informazione di settore hanno riportato la notizia di un aumento del 30% sulle commissioni per i pagamenti con carta di credito imposto ai commercianti da Nexi, il gruppo che gestisce le infrastrutture per i pagamenti elettronici per circa 150 istituti bancari con i quali collabora. L’aumento sulle commissioni andrebbe ad annullare il beneficio prodotto dall’introduzione del credito d’imposta del 30% sulle commissioni pagate dagli esercenti sui pagamenti ricevuti con Pos.
Il dibattito sul delicato argomento sarebbe stato aperto, secondo quanto riporta il quotidiano Il Tempo, da Maurizio Lupi, presidente della formazione politica Noi con l’Italia, che ha svelato una lettera inviata da Nexi ai commercianti, con la quale si comunica una modifica contrattuale per ridurre le commissioni per i circuiti di pagamento stranieri dal 4,45% al 2,29% sul transato e aumentare invece quelle per Visa, Maestro e MasterCard, le più usate dagli italiani, dallo 0,97% all’1,24%.
Ma come stanno effettivamente le cose? Davvero in questo momento così delicato Nexi ha deciso di aumentare le commissioni agli esercenti, baristi compresi? Lo abbiamo chiesto direttamente all’azienda.
Nexi smentisce un incremento generalizzato e precisa: «L’adeguamento dei prezzi riguarda solo poche migliaia di esercenti, meno del 2% di tutti i commercianti italiani, clienti di una delle 150 banche alle quali la società fornisce i servizi».
Nexi, ci fa notare una fonte interna, «non ha discrezionalità nell’aumentare le commissioni sui pagamenti, che è invece una prerogativa degli istituti bancari che si rivolgono a noi. In questo caso, uno degli istituti bancari nostri clienti ha deciso, già nel 2019, una rimodulazione commerciale per adeguare i suoi prezzi, che erano sotto la media di mercato».
La lettera in questione sarebbe stata inviata lo scorso febbraio e, sottolineano in Nexi, «non ha alcuna correlazione con l’emergenza scaturita a seguito del Covid-19».
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