Sostenibilità, sostantivo spesso abusato o usato a sproposito. A mettere le cose nel loro giusto contesto e a dare contenuto a una realtà ormai diffusa anche nel fuori casa ci ha pensato Brita Italia, azienda specialista nel trattamento dell'acqua potabile, che nel corso della Milan Design Week, appena conclusasi, si è fatta promotrice di una serie di iniziative presso la Fondazione Catella intitolate Redesign Your Future che ha visto ovviamente protagonista l'acqua attraverso un itinerario che si è sviluppato in tre aree: un’installazione creativa e di design en plein air, un’esperienza di realtà virtuale fruibile tramite Oculus e, in conclusione, le dimostrazioni sensoriali della Brita Water Wheel insieme agli esperti dell’azienda per osservare e percepire l’acqua da un punto di vista completamente differente dal solito. Un modo originale e creativo per parlare di acqua e per far comprendere la sua importanza per il Pianeta. Non solo installazioni o esperienze, la Fondazione ha anche ospitato una serie di vivaci talk come quello che lo scorso 20 aprile ha riunito alcuni importanti rappresentanti del mondo del fuori casa dedicato alle “Storie di sostenibilità in uno scenario di crescita e cambiamento”.
La sostenibilità, obbiettivo di filiera
Andrea Coccia, R&D Director di Gruppo Cimbali, Sabrina Arcaro, chief marketing officer di Unox, Michele Adt direttore di Confida, Michele Cannone, global brand director away from home di Lavazza e Paolo Andrigo, director in Accenture hanno, dunque, esposto i loro punti di vista sui temi principali dell’etica, del riciclo e della sostenibilità, offrendo, in alcuni casi, spunti decisamente originali. A far da maestro di cerimonia, Lorenzo Sarvello, amministratore delegato di Brita Italia, che ha rimarcato l'importanza della presenza di Brita alla Fondazione Catella nel cuore del quartiere Isola, epicentro della Milan Design Week, come testimonianza del refresh di un brand simbolo di rigenerazione e capacità di reinventarsi. «Il nostro motto oggi è Redesign The Future e cioè puntare eticamente a ridisegnare il modo di bere acqua, coniugando sostenibilità, design ed efficienza». Esatto, ma quanto costa essere sostenere sostenibili? «Costa semplicemente di più - ha affermato Michele Cannone, global brand director away from home di Lavazza - e se tutti oggi vogliono a parole essere sostenibili, non tutti sono disponibili a pagare qualcosa in più per esserlo, consumatori compresi. Le scelte etiche non rappresentano ancora la maggioranza e stiamo vivendo una fase di transizione che sarà condizionata dalle future nuove normative europee. Ma, intanto, bisogna fare qualcosa. Non dovremmo consumare più di quanto non possiamo rigenerare e quando in Lavazza abbiamo cominciato nel lontano 2002 a parlare di sostenibilità ci siamo subito posti l’obiettivo di fare in modo che si possa consumare caffè ancora per molte generazioni. Ciò non è affatto così scontato. È possibile, infatti, che fra 30 anni non ci sia più caffè per tutti. È quindi urgente mettere in campo progetti per aiutare i coltivatori a produrre in modo più efficiente, dandogli sostegno, valore economico e rendendoli orgogliosi del loro operato. Per fare questo abbiamo coinvolto oltre 100mila lavoratori del caffè in tutto il mondo e il nostro La Reserva de iTierra! non è altro che un insieme di blend che sono proprio il frutto dei tanti progetti che abbiamo intrapreso nei Paesi produttori. Ad esempio, a Cuba, Lavazza si è impegnata a rilanciare la produzione locale di caffè, quasi completamente sparita, e a ricostruire la filiera con una mappatura blockchain che abbiamo sviluppato in collaborazione con il Ministero dell’ambiente. In questo modo sappiamo esattamente da dove arriva ogni chicco di caffè e come finisce nelle tazze dei consumatori finale. Questo ci porterà alla costruzione di una filiera molto più leggibile e sostenibile volta a valorizzare la figura dei lavoratori anche agli occhi della domanda internazionale».
Esperienze a confronto
«Per noi - ha aggiunto Andrea Coccia, R&D Director di Gruppo Cimbali - la sostenibilità non è un progetto, ma è una filosofia e una direzione di lavoro che investe trasversalmente tutto quello che facciamo in azienda. Essere sostenibili significa, allo stesso tempo, essere efficienti. D'altronde i nostri clienti richiedono espressamente per le nostre macchine da caffè delle performance di sostenibilità. A tal proposito abbiamo creato all'interno del nostro dipartimento Ricerca e Sviluppo un team di quattro persone dedicato interamente alla sostenibilità. Per ogni macchina misuriamo ben due parametri: l’impatto ambientale e l’indice di riciclabilità e ogni nuovo prodotto deve rispettare questi standard». Sulla stessa lunghezza d'onda Sabrina Arcaro, chief marketing officer di Unox: «Per noi la sostenibilità è stata un'evoluzione naturale in quanto faceva parte del nostro DNA aziendale già da molto tempo: un impegno che ci ha portato a produrre forni professionali sempre più efficienti dal punto di vista del risparmio energetico e della tecnologia. È un fronte che ci vede quotidianamente protagonisti all'interno della filiera del fuori casa anche nel campo della formazione professionale, sensibilizzando clienti e operatori proprio sui temi della sostenibilità, del risparmio energetico e del contenimento di ogni tipo di spreco». Un impegno quest'ultimo condiviso anche da Paolo Andrigo, director in Accenture, una delle più note aziende di consulenza strategica a livello mondiale che ha dichiarato: «Aiutiamo le aziende clienti a creare delle soluzioni sostenibili al loro interno e, allo stesso tempo, abbiamo creato anche un sistema per misurare l’impatto economico e sociale della sostenibilità. Quello, infatti, della misurabilità del livello di sostenibilità sarà uno dei grandi temi del futuro».
Progetti dal valore etico
Chi della sostenibilità ha fatto una vera e propria bandiera è anche Confida, associazione di categoria che rappresenta, a livello nazionale, l’intera filiera della distribuzione automatica di cibi e bevande. Il suo direttore Michele Adt ha elencato una serie di iniziative prese dall'associazione quali il progetto Rivending, volto al riciclo della plastica dei distributori automatici (dal 2019 ad oggi sono stati installati 13.000 cestini con un risparmio di circa 1.000 tonnellate di Co2), la collaborazione con Banco Alimentare che prevede la ridistribuzione di prodotti alimentari, a diversi giorni dalla scadenza, da 800mila distributori automatici per donarli a organizzazioni caritative e ha aggiunto Adt: «In collaborazione con alcune nostre aziende associate, è stata creata un’officina all’interno del carcere di Bollate dove vengono riparate le vending machine: ciò ha il vantaggio di formare dei tecnici che quando rientreranno nella società civile, avranno già sviluppato delle competenze professionali concrete».