«Tra riduzione dei flussi turistici, chiusura delle scuole, utilizzo dello smart-working nelle aziende, psicosi collettiva e provvedimenti restrittivi, subiamo danni incalcolabili e insostenibili. Così non riusciamo ad andare avanti, il nostro è il settore più colpito; subito interventi di sostegno o chiuderemo». È il nuovo, forte grido di allarme lanciato da Fipe, Federazione italiana dei pubblici esercizi, al Governo affinché adotti al più presto interventi mirati a tutela di un settore che sta pagando molto care le conseguenze dell’emergenza Coronavirus.
Un settore che suo malgrado si trova al centro di una tempesta perfetta, dove da un lato deve far fronte al clima di panico che non favorisce le visite ai locali, al crollo delle presenze turistiche, al rinvio e cancellazione di eventi e iniziative e dall’altro a provvedimenti che riducono l’operatività delle imprese: un mix esplosivo che rischia di mettere in ginocchio molte attività.
E Fipe nella sua nota di protesta sottolinea come il comparto dei pubblici esercizi sia il più colpito dagli effetti del Coronavirus, registrando mancati incassi per 50 milioni di euro al giorno. Una prima stima della Federazione inoltre ha calcolato in 4 miliardi di euro le perdite di fatturato del settore in tre mesi, che valgono circa 1,5 miliardi di euro in termini di valore aggiunto. Non meno pessimistiche le previsione degli stessi operatori. Il 72,7% degli associati Fipe ritiene infatti che la crisi durerà ancora a lungo, con un peggioramento nei prossimi due mesi e forti diminuzioni del fatturato, con punte fino all’80%.
Una situazione dunque molto pesante, nella quale spicca l’assenza di provvedimenti a supporto di un settore che occupa oltre un milione di addetti e che rischia di lasciare a casa oltre 40.000 persone per impossibilità di retribuirle
«Purtroppo e inspiegabilmente, i provvedimenti presi fino ad oggi non riguardano le imprese del principale settore del turismo, quello della ristorazione, del catering, dell’intrattenimento e dei Bar/Pub – lamenta Lino Stoppani, presidente Fipe -. Chiediamo, inoltre, che venga fatta chiarezza sull’applicazione delle norme. Ci appare incomprensibile che i bar di Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e le province di Pesaro e Urbino, Savona non possano servire i clienti al banco. Se l'obiettivo, assolutamente condivisibile, è di evitare assembramenti, basterebbe adottare le misure di cautela suggerite dalle autorità sanitarie per ogni altro servizio, dal negozio di alimentari fino all'ufficio postale. Siamo responsabili, ma non si capisce perché in un bar ci si infetta se si prende un caffè al banco, rispettando la distanza di un metro, e non invece in fila in metropolitana o in altre situazioni analoghe permesse».
In particolare, Fipe chiede al Governo interventi urgenti sugli ammortizzatori sociali, meccanismi di credito di imposta per sopperire, almeno in parte, al crollo del fatturato, la sospensione del pagamento di oneri e tributi e la sospensione degli sfratti per morosità, per venire incontro a chi nelle prossime settimane non riuscirà ad onorare i contratti di locazione e a pagare fornitori e dipendenti.
«Occorre far presto perché l'emergenza sanitaria rischia di far saltare il banco e se chiudono le nostre attività, chiudono le luci che animano le città e si perde un patrimonio di socialità e di servizio, simbolo dello stile di vita italiano e fattore decisivo di attrazione turistica», conclude Stoppani.