Gli ammortizzatori sociali del Dl Cura Italia: scopri come funzionano

Cassa integrazione in deroga (Cigs) per aziende fino a 5 dipendenti, fondo integrazione salariale (Fis) per quelle oltre i 5: una mini guida per sapere cosa occorre fare

Ammortizzatori sociali

Cigd (Cassa integrazione in deroga) per le aziende fino a 5 dipendenti e Fis (Fondo di integrazione salariale) per le aziende con più di 5 dipendenti: sono i due ammortizzatori sociali che il Decreto Legge Cura Italia ha previsto per le imprese, estendendone la portata, seppur con modalità pratiche di accesso tuttora complesse e non del tutto definite.

Paolo Bergamo, consulente del lavoro e titolare dello Studio Themis di Jesolo, spiega come funzionano in pratica.

Cassa integrazione guadagni in deroga (Cigd)

Possono chiederla le aziende con un massimo di 5 dipendenti.
La Cigd si può richiedere retroattivamente a partire dal 23 febbraio 2020 per un massimo di nove settimane. Le richieste possono essere presentate (sulla base delle linee guida delle
Regioni o province autonome) nei quattro mesi successivi alla sospensione dell’attività lavorativa e fino al 31 agosto 2020. Però attenzione: i finanziamenti stanziati per la misura sono limitati e, anche se verranno rifinanziati, le domande saranno accolte secondo l’ordine cronologico di arrivo. Il consiglio, quindi, è presentare la domanda con sollecitudine.
Le procedure per attivare la Cigd sono definite su base regionale secondo le regole stabilite dalle singole Regioni in accordo con le parti sociali, ma secondo la cornice stabilita dallo Stato uguale su tutto il territorio nazionale.
Il primo passo è comunicare (via Pec o via fax) l’intenzione di richiedere la Cigd alle Rsa/Rsu dell’azienda, se esistenti, o alle strutture territoriali delle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale.
Nell’informativa ai sindacati va specificata l’entità della richiesta: va indicato per quanti dipendenti la si richiede, per quanto tempo (il decreto Cura Italia, come detto, al momento prevede fino a un massimo di nove settimane), se si tratta di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa (quest’ultimo caso è relativo a chi fa delivery) e le cause (ovviamente, qui andrà indicata ”emergenza Covid-19”).
L’accordo dei sindacati è auspicabile ma non è indispensabile. In ogni caso non è richiesto con riferimento ai datori di lavoro che occupano fino a cinque dipendenti. In seguito, va presentata un’istanza amministrativa telematica alla Regione/Provincia autonoma di riferimento, su cui vengono riepilogati i termini della richiesta. La Regione istruirà la pratica ed emetterà il decreto di concessione, che dovrà inoltrare all’Inps; per il pagamento, è in fase di definizione la possibilità da parte delle banche di anticipare gli importi direttamente ai lavoratori. Importante: la Cigd è applicabile a tutti i lavoratori  che risultano assunti alla data del 17 marzo (quella del Decreto Cura Italia), così come stabilito dal Decreto Liquidità. La Cigd prevede il riconoscimento ai lavoratori della contribuzione figurativa e dei relativi oneri accessori. In capo ai datori di lavoro rimangono gli accantonamenti per il Tfr, che matura come se il lavoratore avesse integralmente lavorato.
Il trattamento è pari all’80% della retribuzione persa per effetto della sospensione/riduzione di orario (retribuzione  calcolata al lordo, non al netto) comunque con applicazione di un massimale abbastanza “basso”. Ciò significa che
un lavoratore che normalmente percepisce 1.300-1.400 euro al mese può aspettarsi circa 800-850 euro con il trattamento Cigd, a cui eventualmente si aggiungono gli assegni per il nucleo famigliare

In allegato un documento che spiega a quanto ammonterà il trattamento per i lavoratori: Trattamento integrazione salariale

Per i livelli retributivi, clicca qui: Tabelle retributive pubblici esercizi

Fondo Integrazione salariale (FIS)

È, di fatto, l’equivalente della Cassa integrazione ordinaria prevista per l’industria;
il trattamento si chiama assegno ordinario e viene erogato dal Fondo Integrazione salariale (Fis) dell’Inps.
Ne sono destinatarie le imprese del terziario, tra cui bar e ristoranti, con più di 5 dipendenti (media calcolata sul semestre precedente il mese in cui viene inizia la ospensione/riduzione dell’attività lavorativa).
Per richiederlo, il primo passo è informare (via Pec o via fax, come nell’esempio precedente) le Rsa/Rsu ove esistenti e le articolazioni territoriali dei sindacati di categoria comparativamente più rappresentativi a livello nazionale, che potranno richiedere un esame congiunto della situazione entro 3 giorni. In caso di incontro (rigorosamente per via telematica) non sarà obbligatorio arrivare a un accordo (i sindacati non hanno potere di veto). Successivamente va presentata la domanda amministrativa all’Inps in via telematica. È una procedura complessa, anche se per l’occasione è stata semplificata; per questo, di norma, se ne occupa lo studio di consulenza del lavoro.
Anche in questo caso, la durata massima del trattamento per causale Covid-19 è a oggi di nove settimane, da far partire, anche retroattivamente (dal 23/02/2020 in avanti), con domanda da presentare all’Inps entro quattro mesi dalla data della sospensione dell’attività lavorativa. La scadenza del trattamento è attualmente fissata al 31 agosto 2020. Contribuzione figurativa e i relativi oneri accessori sono a carico dell’Inps. Anche questa misura si applica a tutti i dipendenti in forza alla data del 17 marzo 2020.

 

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