Un’indagine sugli esercenti fatta da Eurispes mostra l’ampiezza del fenomeno del gioco compulsivo tra i clienti dei locali pubblici con le macchinette Una questione delicata, su cui le risposte ancora scarseggiano
Lotterie tradizionali, Gratta e Vinci, Lotto, SuperEnalotto, scommesse sportive e ippiche. Ma soprattutto new slot. Sono questi i giochi pubblici che, ormai da diversi anni, sono gestiti dalle reti degli esercizi pubblici. Un esercito di “venditori” competenti per necessità e trasparenti per vocazione, che hanno trovato nel gioco gestito dallo Stato un'importante fonte di reddito aggiuntivo. Eurispes ha recentemente presentato, raccolto in un volume, il rapporto “L'Italia del gioco”: un'istantanea scattata all'intero segmento della cosiddetta industria della fortuna, una delle poche che continua a mostrare segni di grande salute, che non ha mancato di sollevare interrogativi, e qualche polemica. Per la prima volta, in uno studio così articolato, è stato inserito il punto di vista degli esercenti, la categoria che, più rapidamente di altre, ha saputo adattarsi al “nuovo che avanza”, interpretando un ruolo chiave per lo sviluppo della rete delle new slot.
Tanti i giocatori che esagerano
Un questionario somministrato a 300 esercenti tra bar, ricevitorie e agenzie di scommesse di Roma e provincia ha rappresentato il fulcro del capitolo che l'Eurispes ha voluto dedicare al rapporto tra gioco ed esercizio pubblico. Una fotografia che evidenzia come gli esercenti siano “i primi testimoni di atteggiamenti pericolosi nei confronti del gioco”.
L'incontro con i problemi legati alla compulsività non può essere negato, così come non può essere taciuta la reale difficoltà degli esercenti di “essere un ostacolo efficace alla proliferazione” di questo fenomeno. Il 51% degli intervistati dall'Eurispes ha ammesso di aver incontrato persone con un atteggiamento compulsivo nei confronti del gioco. Il tentativo di ricondurre sulla “retta via” i clienti a rischio è tuttavia una prerogativa legata esclusivamente al buon senso di chi offre gioco. E qui gli esercenti coinvolti hanno mostrato una certa sensibilità: il 46% degli intervistati, infatti, ha dichiarato di aver cercato di convincere i propri clienti problematici a limitare il gioco, contro un 37,4% che ha scelto di non intervenire (La risposta è stata: “Non sono intervenuto perché non è una mia competenza”).
Informazioni e tutele da migliorare
Non sempre la normativa vigente (art. 110 del Tulps), che prevede l'esposizione della tabella dei giochi pubblici autorizzati, viene rispettata: il 56% degli intervistati ha ammesso, infatti, di non aver reso visibile tale tabella.
L'azione degli esercenti diventa più incisiva nella comunicazione riguardante le informazioni sul gioco: il 59% degli intervistati ha dichiarato di aver informato i giocatori sul costo massimo di una partita agli apparecchi da intrattenimento. Il 61% ha confermato di aver fatto altrettanto relativamente all'importo massimo della vincita.
Il questionario ha affrontato anche i temi della normativa a tutela dell'esercente e della promozione del gioco lecito e responsabile da parte dello Stato. Per quel che riguarda le norme in difesa degli esercenti, il 33% del campione ha dichiarato di sentirsi “poco” tutelato (con un 18% che ha risposto “per niente” e un 23% “abbastanza”). Sull'azione dello Stato in ordine alla promozione del gioco lecito e responsabile, il 38% degli esercenti intervistati ha dichiarato che lo Stato promuove “poco” questi concetti, mentre il 36% ha risposto “abbastanza”. Chi “boccia” lo Stato imputa lo scarso impegno al fatto che venga data priorità ad altri aspetti (38%) o giudica l'informazione fornita “non esaustiva” (28%). Ma rispetto al divieto di gioco per i minori quelli distratti sembrano proprio gli esercenti: quando hanno un dubbio sull'età del giocatore solo il 37% chiede un documento. Il 23% fa giocare tutti indistintamente, il 22% si fida di quanto dichiarato dal cliente.