Dal periodo di imposta relativo all’anno 2018 è istituita un nuova imposta: l’Iri (imposta sul reddito d’impresa) che non è un’imposta aggiuntiva ma che dovrebbe costituire un regime agevolato di tassazione in parte sostitutiva dell’Irpef (diciamo “dovrebbe” perché non sempre è conveniente). Infatti, l’Iri non conviene a chi ha redditi non elevati (ricordiamo che la prima fascia di reddito dell’Irpef ammonta a 15.000 euro e comporta un’aliquota del 23% più le addizionali, per un totale di circa 25-26%), a chi ha forti deduzioni o detrazioni personali, quali ad esempio i contributi Inps, o a chi preleva interamente o quasi il reddito conseguito.
L'opzione dura 5 anni
L’utilizzo dell’Iri non è obbligatorio, anzi, per la sua applicazione deve essere esercitata un’opzione nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta per cui la si esercita (quindi, se dal 2018, nel modello Unico del 2019 per il 2018). L’opzione dura 5 anni e per questo periodo non si può uscire dal regime di contabilità ordinaria. Un’ulteriore e nuova caratteristica è che nelle società di persone l’Iri è assolta dalla società e non, come per l’Irpef, dai soci. L’utile rimasto in azienda – assoggettato ad Iri - non sarà, imputato ai soci per trasparenza e non concorrerà a formare il loro reddito complessivo, salvo che per il calcolo dei contributi Inps dovuti oltre la soglia del minimale.
Quindi, l’esborso finanziario della relativa imposta sarà sostenuto dalla società e non dai soci, avvicinando questo sistema a quello delle società di capitali in cui vengono tassati in capo ai soci solo gli utili prelevati.
Il conto delle perdite
Il nuovo regime è destinato alle imprese individuali, alle società di persone (in nome collettivo ed in accomandita semplice) ed alle società a responsabilità limitata che hanno scelto il regime di trasparenza purché siano nel regime di contabilità ordinaria, anche se adottato su opzione. La contabilità ordinaria è necessaria per poter contabilizzare i prelievi degli utili e delle riserve da parte del titolare dell’impresa o dei soci della società. Un altro vantaggio consiste nel fatto che, se il reddito assoggettato ad Iri dovesse essere superiore all’utile prelevabile (ad esempio per variazioni fiscali), la parte di reddito eccedente resta assoggettato solo ad Iri del 24% e non alle aliquote progressive dell’Irpef e di eventuali addizionali.In caso di non applicazione dell’Iri le perdite conseguite sono computate in diminuzione dai redditi di impresa conseguiti nei periodi di imposta successivi ma non oltre il quinto. In caso di applicazione dell’Iri, invece, sono computate in diminuzione dai redditi di impresa conseguiti nei periodi di imposta successivi senza il limite dei cinque anni. In caso di passaggio dal regime Iri al regime Irpef, le eventuali perdite residue non ancora utilizzate saranno scomputabili dai redditi successivi entro cinque anni dalla data di uscita dal regime Iri. Con questa nuova tassazione sarà possibile mettere in evidenza la parte di reddito che viene reinvestita, da quella che rimane all’imprenditore o socio, cosicché da avere una tassazione simile a quella applicata alle società di capitali.