Garantire la salvaguardia della salute di dipendenti e clienti è da sempre una priorità per ogni gestore di locale. Lo diventa ancora di più in questo particolare momento, nel quale occorre fare i conti con i rischi legati all’emergenza sanitaria, primo fa tutti la malaugurata possibilità che un membro del personale risulti Covid positivo (per saperne di più: Che succede se un mio dipendente è positivo al Covid-19?).
Ma in un caso del genere, come evitare che anche il resto del personale sia sottoposto a quarantena con ulteriori gravi disagi per l’attività del locale?
Ad affrontare il problema e a fornire preziosi utili indicazioni sulle corrette prassi da seguire per scongiurare questo rischio è Valerio Sarti, titolare della società di consulenza Viesse Consulting di Induno Olona (Varese). «Qualora dovesse verificarsi un caso di positività, il protocollo messo a punto dal Sistema sanitario nazionale prevede che l’Agenzia di tutela della salute (Ats) prenda contatto con l’azienda per determinare la possibilità di “contatti stretti” tra i lavoratori – spiega l’esperto -. E nell’ipotesi in cui si configurerebbero situazioni classificate appunto come “contatti stretti” tra il lavoratore Covid positivo e altri membri del personale scatta anche per questi ultimi la quarantena». In base al protocollo, esercitato con coordinamento dell’Ats, è la stessa Ats dunque che si mette in contatto con il datore di lavoro e con le figure deputate alla prevenzione della salute negli ambienti di lavoro, ovvero, in primo luogo il medico competente, ma anche i preposti e il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (Rspp).
Pertanto, fondamentale, in queste circostante è fornire agli organi sanitari evidenze, riscontri e “rassicurazioni”, attraverso documenti scritti sotto la responsabilità del datore di lavoro, in merito al fatto che il locale abbia provveduto a mettere in campo le misure necessarie a impedire situazioni nelle quali il lavoratore Covid positivo sia entrato in contatto stretto con gli membri dello staff. Indispensabile, allora, è conoscere le situazioni classificate come “contatti stretti”. Queste rappresentano una casistica abbastanza ampia:
- chi che vive nella stessa casa di una persona affetta da Covid-19;
- chi ha avuto un contatto fisico diretto con un caso di Covid-19, per esempio anche con una stretta di mano;
- chi ha avuto un contatto diretto non protetto con le secrezioni di una persona affetta da Covid, per esempio toccando a mani nude un tovagliolo di carta usato;
- chi ha avuto un contatto diretto (faccia a faccia) con un caso di Covid-19, a distanza minore di 2 metri e di durata maggiore di 15 minuti;
- chi si è trovato in un ambiente chiuso (laboratorio, sala, veicolo) con un caso di Covid-19 per almeno 15 minuti, a distanza minore di 2 metri.
Pertanto, è fondamentale vigilare e adottare tutti gli accorgimenti necessari per evitare che vi siano interazioni riconducibili a tali casi e, ovviamente, il rigoroso rispetto dei protocolli messi a punto con l’Rspp per prevenirli. «Ancora più importante è però l’effettiva e concreta applicazione di quanto previsto dai protocolli – sottolinea Sarti -. In questo senso, l’uso sistematico della mascherina, se ben indossata, è da intendersi come una misura di prevenzione da situazioni di contatto stretto, anche se i lavoratori rispettano i parametri di distanza e tempo esposti sopra». Se due lavoratori, per esempio, condividono un laboratorio, una cucina, uno spazio per le riunioni, per un tempo maggiore di 15 minuti e per una distanza inferiore a 2 metri, ma indossano sistematicamente la mascherina «si hanno concrete possibilità che i tecnici dell’Ats che si trovano a valutare il caso per prendere delle decisioni per la tutela della salute pubblica, possano classificare la situazione non come “contatto stretto” e quindi evitare che venga disposta la quarantena per gli altri lavoratori», spiega l’esperto.
Insieme alla corretta e concreta applicazione dei protocolli aziendali per prevenire il rischio di contagio, con particolare riguardo delle misure che evitano episodi riconducibili al “contatto stretto”, l’uso sistematico della mascherina è dunque decisivo per evitare problemi all’attività. Mascherina che il datore di lavoro deve consentire di non mettere esclusivamente in situazioni in cui un lavoratore opera da solo all’interno di un ambiente, oppure, se si svolge il lavoro in postazione fisse, dove è garantito in modo sistematico e costante la distanza di almeno 2 metri tra i membri dello staff.