Le 8 regole per un’ospitalità da veri pro

Bartender Pouring a Cocktail

«Abbiamo speso anni a formare i barman perché diventassero mixologist. Ora dobbiamo tornare a spiegare ai mixologist come essere efficaci come barman». Angus Winchester, Head of Education di Bar Convent Berlino, dimostra di avere il dono della sintesi mentre presenta uno dei seminari più seguiti durante l’ultima edizione delle fiera berlinese della bar industry.

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Keith Motsi, Head Bartender and Beverage Operations, Virtù, Four Seasons Hotel Tokyo at Otemachi (courtesy BCB)

Keith Motsi, vincitore dell’Hospitality Award 2024 e “firma” dell’ospitalità di alta gamma del Virtù di Tokyo, ha presentato – in coppia con la formatrice e nota cocktail creator Franky Marshall – preziosi consigli per gli  addetti ai lavori a proposito della nuova e caldissima frontiera della professione.

E no, non si tratta di sofisticate tecniche di miscelazione, bensì di approccio al cliente, di capacità di  lettura dei suoi bisogni e, in una felice formulazione, di “lettura della sala”, delle  sue dinamiche e delle possibili criticità e  opportunità che vi si creano.

Ideare esperienze memorabili

«L’arte della profonda comprensione  di ciò che ci circonda viene spesso trascurata», hanno spiegato i due speaker. «La nostra attenzione sembra essersi spostata lontano da quella che dovrebbe essere la vera essenza dell’ospitalità: soddisfare le emozioni umane più  intense e mostrare una comprensione  più profonda dei nostri ospiti». Un tema di grandissima attualità, un ferro su cui Bargiornale batte da tempo.

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Franky Marshall, bartender, cocktail creator, speaker (courtesy BCB)

Da qui la nostra idea di costruire una check list pratica e utile, per fare una veloce autovalutazione dello stato dell’arte del proprio stile di ospitalità. Per vedere, insomma, se tutto funziona come dovrebbe. A partire dalle basi, come la cura del linguaggio del corpo e dei primi, fondamentali, attimi di contatto con il cliente. Per arrivare alla gestione vera e propria  delle dinamiche della sala: tenere gli occhi sul clima generale, imparare a valutare le aspettative e i desideri dell’ospite studiando il suo linguaggio del corpo. Infine, le dritte da veri pro: l’aggancio di una conversazione con un complimento di poche parole, l’uscita elegante e discreta dalla medesima conversazione – magari diventata troppo lunga o ingestibile – con pari disinvoltura. Spuntate e poi… sperimentate!

1. Cura il linguaggio del corpo

Guardare negli occhi, sorridere e accogliere letteralmente a braccia aperte fa la differenza. Ti avvicini con sguardo truce e braccia incrociate? Stai mandando un segnale di chiusura netto.

2. I primi 5 secondi cambiano tutto

Il saluto e l’accoglienza dell’ospite, al tavolo o al bancone, sono cruciali per la definizione della relazione. Dalla prima mossa dipende quasi tutto il successo del rapporto con quel cliente.

3. Leggi la sala

Occhi puntati sulla sala, sulle dinamiche dei vari gruppi di clienti presenti nel locale, sulle “good vibes” che si stanno scatenando o che, al contrario, non stanno nascendo.

4. Chiediti che cosa sente il cliente

Il linguaggio del corpo del cliente ti parla. Racconta se gli servono solitudine e silenzio, oppure se vuole che qualcuno lo “tiri fuori” e lo faccia parlare. Attenzione a dove punta lo sguardo mentre aspetta, a se sta curvo oppure dritto al banco, se si guarda attorno con interesse o con circospezione.

5. Fai un complimento

Qualche domanda ben posta aiuta a capire quale argomento può fare da gancio per creare una connessione, ma a volte basta un piccolo complimento per dare il via a un dialogo costruttivo: “Stai benissimo con quel gioiello”. E il gioco è fatto.

6. Cogli il momento per uscire

Una chiacchierata troppo lunga, una confidenza che va troppo oltre… Come si fa ad abbandonare una situazione insostenibile? Si può fingere di avere altro da fare e mollare il cliente con una frase educata. Oppure chiedere aiuto (vedi prossimo step).

7. Non sei solo/a

Nelle situazioni complesse (cliente molesto, conversazione lunga…) o in situazioni che mettono sotto pressione, il resto del team può essere d’aiuto. Bisogna accordarsi prima, per stabilire un codice non verbale da utilizzare in caso di bisogno.

8. Scusati

Capita di sbagliare: scusarsi e rimediare è l’unica cosa da fare. Chi sta in alto a livello gerarchico si premuri di difendere l’operato del suo team di fronte a lamentele pretestuose.

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