Certo, per molti lavorare dietro un bancone è così stimolante, adrenalinico, totalizzante da mettere in secondo (o terzo) piano le fatiche che comporta (complice una passione spesso cieca).
Ma il rovescio della medaglia è lì da vedere: lunghe ore di lavoro fisico in un ambiente stressante, alimentazione sbilanciata, stress economico dovuto alle paghe basse e al lavoro non sempre sicuro, sonno irregolare e facile accesso all’alcol sono tutti aspetti che, se sottovalutati e non tenuti a bada con opportune contromisure e bilanciamenti, alla lunga (per alcuni anche alla breve) finiscono per presentare il conto, sotto forma di problemi fisici o disagi psicologici.
La pandemia ha fatto emergere in modo prepotente nuove difficoltà: «L’incertezza sul futuro, l’aver perso lavoro e paga senza poter attingere a risparmi inesistenti, la solitudine acuita dal distanziamento sociale hanno fatto esplodere i problemi di salute mentale nel mondo dei lavoratori dell’ospitalità - racconta Jason-Candid Knusel, fresco di nomina a managing director di Healthy Hospo, associazione non profit inglese che punta a supportare i professionisti in difficoltà e a lavorare con le aziende del mondo dell’ospitalità per creare ambienti di lavoro migliori -. Molti non hanno retto e hanno abbandonato il settore, che ha perso un bagaglio importante di professionalità. È tempo di occuparsi seriamente del benessere delle persone che lavorano nei bar, perché creare un ambiente di lavoro sano aiuta il business: se un dipendente sta bene, lavora meglio, sviluppa capacità e competenze e affina la propria arte dell’accoglienza. Nel nostro lavoro, che ha a che fare con le persone, l’esperienza acquisita sul campo è fondamentale».
La salute fa bene al business
Riflessioni condivise da molti, si dirà, soprattutto tra chi persegue l’eccellenza. Peccato che poi, fa notare Jason, quando si parla di formazione «il 95% dei corsi proposti per i bartender sono focalizzati sugli aspetti tecnici del mestiere; il resto è perlopiù legato a temi di management. Ma sulla “sostenibilità” personale davvero c’è poco o niente».
Healthy Hospo si pone l’obiettivo di colmare questo gap e di fornire strumenti e consigli utili ai gestori per portare più benessere sui luoghi di lavoro: «Un luogo che si occupa del benessere dei propri dipendenti - dice Jason - è più profittevole, ha una maggior resilienza, offre un servizio migliore ed è in grado di attirare e trattenere i migliori talenti».
La responsabilità collettiva e quella individuale
Coltivare una cultura del benessere parte da piccoli gesti: «Chiedere alle persone: “Come va oggi?”, “Come ti senti?” è un primo passo per mostrare interesse. Ma naturalmente non basta: occorre progettare i luoghi e programmare i tempi in modo che siano sostenibili. In questo modo si prevengono molti dei possibili problemi: stress, tensione, stanchezza, fino al burn out. Anche in questo campo, prevenire è molto più salubre che occuparsi delle questioni quando la frittata è fatta».
Certo, poi ogni singolo professionista deve fare la propria parte per coltivare e mantenere il proprio benessere: «Qui la cosa più importante da capire - afferma Jason - è che le ricette uguali per tutti non esistono. Certo, ci sono alcuni elementi che sono alla base del benessere fisico e mentale: una giusta dose di sonno, una corretta alimentazione, l’esercizio fisico. Ma al di là di questo, lo stare bene è un obiettivo che richiede una buona conoscenza di se stessi: ognuno dovrebbe porsi la domanda: “cos’è che mi fa stare davvero bene? In che modo riesco a ricaricare le pile?”. Una volta ottenuta la risposta, è importante trovare il tempo per dedicarsi alle proprie “attività rigeneranti”».
Abbiamo menzionato un “kit di base” senza il quale ogni sforzo di stare bene (o stare meglio) rischia di vanificarsi. L’idea di base è di staccare il pilota automatico e cominciare a chiedersi se quello che facciamo ci è utile, ci serve, ci fa bene. Chiarendo a noi stessi la differenza tra un’abitudine e una buona abitudine.
Un esempio? Rinunciare a qualche shot e drink extra, magari cominciando a domandarsi se veramente si ha bisogno di quel drink dopo un’interminabile giornata di lavoro e che effetto ci fa (o magari se se ne ha bisogno tutti i giorni).
E poi ci sono le cose che male sicuramente non fanno: seguire un programma di esercizio fisico di almeno 30 minuti tre volte a settimana; fare meditazione, yoga o qualsiasi altra pratica - anche una semplice passeggiata nella natura - che tenga a bada stress e ansia; dedicarsi a un hobby che non ha a che fare col lavoro, coltivare amicizie con interessi e lavori diversi dai nostri. Cominciando un passo alla volta. *
Corsi gratis per i lettori di Bargiornale
Stare meglio è un’aspirazione per molti della bar industry: qualcuno cura il proprio benessere fin dall’inizio, molti altri sono “costretti” a prendersi più cura di sé quando il fisico (o la testa) cominciano a fare i capricci. Per ricordare che i vent’anni (intesi come età anagrafica) sono passati. Healthy Hospo sta mettendo a punto un kit di corsi on line per supportare chi vuole stare meglio, con consigli e buone pratiche.
I primi tre si chiamano “Master your sleep” (il sonno è la base del benessere), “Re-Balance your time” (per perseguire il giusto equilibrio tra lavoro e vita privata) e “Move your body” (esercizi per mantenere la forma fisica). Costano poche sterline, ma per i lettori di Bargiornale più lesti a cogliere l’opportunità, possono essere usufruiti gratuitamente (ci sono tremila corsi gratis disponibili).
Clicca qui, scegli il corso che preferisci e inserisci il codice coupon Stranger2022.