Per il sociologo Francesco Alberoni il futuro del bar è “giocoso”. Intervista esclusiva dal numero del trentennale di Bargionale
Sarà come un piccolo Caesar's Palace. Sarà come il paese dei balocchi in versione Mazinga. Avrà slot machine, macchine fiammanti e macchine pensanti. Sarà un bar con gente che avrà voglia di giocare e di fare nuove esperienze. Quando chiediamo a Francesco Alberoni come sarà il bar di domani, il celebre intellettuale e sociologo, descrive il “suo” bar. Quello in cui si svolge parte del suo primo romanzo “I dialoghi degli amanti” (Rizzoli, 319 pagg., 19,50 euro), storia di un amore travagliato, ambientata in un prossimo futuro, dove le manipolazioni genetiche e le neuroscienze minacciano l'autenticità dell'individuo.
Vince il modello “Las Vegas”, con slot in ogni angolo, dalla zona dei nastri trasportatori degli aeroporti ai bagni.
Dunque, bar come sale giochi?
Il bar è stato e sempre sarà un luogo per svagarsi, divertirsi, giocare. Il caffè è stato lo spazio del biliardo, delle carte, delle freccette, del backgammon, secondo le tradizioni locali. La differenza è che oggi si gioca più con le slot-machine e molto, molto meno con la stecca e i birilli. Non sta a me giudicare, cos'è meglio tra i due. Mi limito a osservare che al fianco dei nuovi apparecchi da gioco, si moltiplicano le tecnologie che semplificano la vita: terminali per giocare al Super Enalotto, ma anche per pagare le bollette. Tecnologia unita al divertimento e all'intrattenimento.
Il bar negli ultimi anni è uscito allo scoperto. Si è appropriato degli spazi esterni. Cosa ne pensa di questa recente invasione?
Fino agli Novanta il bar diurno è rimasto uno spazio interno, isolato, chiuso ermeticamente nel suo involucro. Nel corso degli anni era stato il tempio della sala da biliardo, dei tavoli di briscola, del flipper, il rifugio dei pittori, degli studiosi e dei paninari. Al suo interno si consumavano le giornate. Il bar era una rientranza all'interno della città, concettualmente simile a una vecchia stazione di posta dei cavalli. Oggi si va verso modelli più rilassati dove il tempo è dilatato. Si abbandona il concetto del locale mordi e fuggi, dove entravi per un caffè e via: un modello di fruizione dei locali che appartiene al passato. Anzi, al passato remoto. Si torna al modello dei vecchi bistrot parigini, dei café chantant, con ampi spazi all'aperto. Si va, ogni giorno di più, verso quel genere di locali che invadono gioiosamente le vie e le piazze, e che hanno catturato l'attenzione di artisti come Manet, Degas e Toulouse-Lautrec. Un'invasione pacifica, ma che alcuni vivono come un'intrusione. Si sa, rumore e schiamazzi fanno saltare i nervi al vicinato.
A me viene in mente la scena festosa del “Ballo al Moulin de la Galette” di Renoir. Un'opera immortale, che ritrae la vivacità di un cafè en plein air. Ma siamo certi che non sia un modello di locale un po' passatello?
Da qualche anno la tendenza è di conquistare l'esterno. La gente vuole star fuori: desidera fuori-uscire. Per l'esigenza di stare alla luce del sole, il bar e i suoi frequentatori mangiano chilometri quadrati di marciapiedi, piazze, spazi comunali. Io frequento un bar di via Torino a Milano che ogni giorno si allarga un po' di più. Il bar torna a essere, come lo era nell'Ottocento, un pezzo di vita, di strada, un luogo del gruppo. In strada si socializza, c'è la movida. E non importa se fa freddo. Ci sono le lampade termiche, i funghi, e sotto queste campane nascono amicizie e nuovi amori. In città, come al mare, la tendenza dilaga. Al posto degli stabilimenti balneari nascono i beach bar. Così i locali conquistano anche la sabbia, dalla Romagna alla Costa Azzurra.
Certo che sarà difficile adattarsi a un modello del genere. Non tutti hanno la possibilità di avere uno sfogo verso l'esterno.
Un consiglio per tutti?
Se potete, create locali fruibili dalla mattina alla sera. Più comodi sono, meglio è.
Oltre ai prodotti, devono fornire servizi utili (schedine, bollette, giochi ecc.), ma anche uno spazio che favorisca le relazioni. In futuro vedo fast-food trasformati in luoghi asettici in luoghi ospitali e con un'offerta di prodotti di qualità.