Fino agli anni Ottanta, era molto diffuso nei rapporti tra esercenti e distributori l’uso del vuoto a rendere (Var) con cauzione per contenitori di alimenti come le bottiglie in vetro di vino, acqua minerale e birra. Un uso che è andato riducendosi con l’andar del tempo, l’impiego di bottiglie in vetro a perdere (Vap) e la crescente adozione delle bottiglie in Pet per l’acqua minerale. Una realtà giustificata da una logistica semplificata con minori costi di trasporto per il rientro dei vuoti e l’eliminazione del capitale mobile immobilizzato per la cauzione.
La situazione attuale sta per essere però modificata con l’applicazione del Collegato Ambientale (legge di Stabilità 2014) finalizzato alla riduzione dei rifiuti di imballaggio monouso attraverso l’introduzione, su base volontaria, di un sistema incentivato di restituzione delle bottiglie riutilizzabili. Inoltre, su ulteriore sollecitazione di una specifica direttiva europea, è entrato recentemente in vigore dal 1 febbraio di quest’anno la fase di sperimentazione sul vuoto a rendere (Var) come previsto dal Decreto Ministeriale n.142 del 3 luglio 2017 che terminerà il 6 febbraio del prossimo anno e che, salvo modifiche, verosimilmente sarà confermata diventando obbligatoria (www.miniambiente.it/pagina/vuoto-rendere).
In particolare l’art 219-bis del collegato decreto legislativo 2 aprile 2006 n.152 dispone: “l’introduzione nella normativa nazionale di un sistema sperimentale di vuoto a rendere su cauzione degli imballaggi contenenti birra o acqua minerale, serviti al pubblico da alberghi e residenze di villeggiatura, ristoranti, bar e altri punti di consumo”.
Lo scopo primario del decreto è sensibilizzare i consumatori sulla prevenzione dei rifiuti attraverso la preferenza del consumo di birra e acqua minerale in bottiglie riutilizzabili. Durante la fase di sperimentazione gli esercenti che, unitamente ai relativi distributori o produttori (in caso di filiera corta), aderiranno all’iniziativa potranno esporre sulle proprie vetrine la relativa vetrofania promozionale. Durante i dodici mesi di sperimentazione, il ministero dell’Ambiente provvederà al monitoraggio della filiera sulla base dei dati che gli esercenti, distributori e produttori aderenti comunicheranno ogni 30 giorni attraverso l’apposito modulo (allegato 1) e invieranno all’apposito indirizzo e-mail (vuotoarendere@miniambiente.it), contribuendo alla formazione di un Registro pubblico.
Il valore cauzionale per ogni tipologia d’imballaggio delle bottiglie (da 20 a 150 cl) è stato definito nell’apposita tabella che pubblichiamo in un box (salvo patti contrari già esistenti). Per esempio, per il formato 33 cl è definito un valore cauzionale di 0,10 €, per quello da 75 cl il valore è 0,19€.
Ai fini della diffusione dell’iniziativa sul Var, l’Anci (Associazione nazionale Comuni Italiani) ha invitato le singole municipalità a introdurre riduzioni tariffarie nei regolamenti Tari (Tassa Rifiuti) per le gli esercenti che vi aderiscono, considerato che dovrebbe significativamente ridursi il volume delle bottiglie che non vanno più in discarica o alle aziende per il riciclaggio dei rottami di vetro. Nata per condivisibili motivi ambientali, l’iniziativa crea d’altra parte una serie di problemi che i vari operatori del settore non stanno mancando di sottolineare.
Alcune osservazioni
Per esempio il ripristino del Var costringe gli esercenti, oltre al conteggio delle varie cauzioni, ad approntare nei propri magazzini degli spazi dedicati per le bottiglie vuote, da separare per tipologia di forma e per fornitore. Da tener conto che la formula del Var (con cauzione) è rimasta in questi anni normalmente quasi d’obbligo per gli esercizi che dispongono di impianti di spillatura per bevande come birra, vino, acqua minerale e bibite fornite in fusti in acciaio. Alcuni produttori, di birra in particolare come Carlsberg Italia, hanno investito pesantemente e messo a punto contenitori in Pet al posto dei fusti di acciaio, proprio per superare le difficoltà di movimento (consegna-riconsegna) della cauzione, utilizzando contenitori facilmente riciclabili nella raccolta differenziata. Anche questi contenitori in Pet saranno soggetti a cauzione e entreranno nel turbine del nuovo Var?
Da parte nostra osserviamo infatti che nel decreto non viene mai specificato il materiale del vuoto a rendere, se vetro o altro. Mentre per il vetro non ci sono grandi difficoltà tecniche di sanificazione e riutilizzo delle bottiglie (anche alcune decine di volte), potendo contare su una prassi consolidata, molte perplessità sorgono per i contenitori in Pet, visto anche l’uso improprio che viene fatto con altri liquidi non alimentari.
Esempi europei
Per contro, lo schema adottato dal ministero dell’Ambiente italiano ricalca quello in uso da sempre in Germania dove con il vuoto a rendere l’ammontare dei rifiuti è stato ridotto del 96% per il vetro e dell’80% per il Pet. Il riuso per 20 volte di una bottiglia in vetro comporta anche un risparmio energetico di circa il 77%. Un’ordinanza tedesca del 1991 prevedeva inoltre che almeno il 72% dei contenitori prodotti dalle aziende fossero vuoti a rendere. In altri Paesi del Nord Europa le bottiglie Var per bibite sono obbligatorie (Danimarca), così come le lattine in alluminio devono essere Var (Norvegia).
Abbiamo voluto sentito a proposito un produttore di Bressanone (Bolzano), culturalmente a cavallo tra mondo italico e germanico. «Il vetro a rendere copre il 99% delle nostre vendite di acqua minerale e più della metà delle nostre bevande - precisa Andreas Fellin, vicepresidente Fonte Plose - una pratica sostenuta fedelmente dai nostri distributori e dai loro esercenti clienti. È vero che per conservare i vuoti occorre organizzare efficientemente logistica e spazi ma, in sessantanni di attività, l’esperienza ci ha confermato l’efficacia di questa scelta etica e sostenibile in termini di riscontri economici, reputazione e impatto ambientale».
Le posizioni delle associazioni di categoria
Italgrob
«Pur aderendo a questa fase di sperimentazione - afferma Donato Alonzo, vicepresidente Italgrob-Confindustria (federazione che riunisce i principali consorzi di distribitori di bevande) - avremmo voluto che fossero inserite anche le bibite e i fusti di birra e del vino, vuoti a rendere per eccellenza, oltre all’auspicio che si trovi il modo d’incentivare gli operatori con risparmi certi e uguali per tutti sulla Tari».
Fipe
«Siamo consapevoli - precisa una nota della Fipe-Confcommercio (Federazione italiana dei pubblici esercizi) - che fosse necessaria una politica di filiera, senza la quale l’iniziativa non sta in piedi. Auspichiamo incentivazioni con interventi di riduzione della Tari, ma non sembra che i Comuni siano molto sensibili. Occorre evitare che l’introduzione della cauzione crei asimmetrie concorrenziali tra pubblici esercizi e altre attività artigiane e commerciali». (leggi Gdo, la legge riguarda i punti di "consumo", non di "vendita", ndr)
Assovetro
«Da oltre 20 anni - annota Ezio Borreani, direttore Assovetro-Confindustria – attraverso il Coreve (Consorzio obbligatorio recupero e riciclo del vetro) riutilizziamo il 70% del vetro per alimenti in circolazione, circa 2.300 tonnellate annue, recuperando le bottiglie o frantumandone i rottami per fonderli a 900 °C. Una scelta ambientale con un forte risparmio di energia, visto che il vetro nuovo si ottiene fondendo a 1.400 °C silice e soda. Con il ritorno obbligatorio al riutilizzo con cauzione non vorremo che i contenitori in vetro possano essere discriminati rendendo più costosa la loro gestione rispetto ad altri imballaggi alimentari riciclabili ma non riutilizzabili come banda stagnata, alluminio e Tetra Pak».