
Tornare al bar, tornare dietro il bancone ad ascoltare i clienti, nonostante tre mesi di chiusura forzata, sufficienti a mettere in ginocchio chiunque. Tirare su le serrande, nonostante i protocolli di sicurezza, la schizofrenia delle ordinanze e gli aiuti promessi e mai arrivati. Non v’è dubbio che se cercavamo una prova di resilienza e professionalità, il mondo bar ha saputo darla, a dispetto di quanti lo hanno messo alla gogna beffeggiandosi di un settore decisivo della filiera agroalimentare e del turismo, mercato di sbocco rilevante per le produzioni agroalimentari nazionali.

Stando ai numeri diffusi da Fipe a una settimana dalla riapertura di bar e ristoranti, il 47,8% delle attività intervistate ha scelto di riaprire il 18 maggio, il 35,2% lo ha fatto qualche giorno dopo. Lavorare con il distanziamento interpersonale e le altre misure anti-Covid-19 ha creato non poche difficoltà alle aziende: lo ha dichiarato l’80,7% degli intervistati. Complessivamente il 74,5% ha fatto un bilancio negativo o molto negativo della prima settimana di apertura, con una percentuale di lavoro rispetto al periodo pre-Covid pari al 30,8%.
Eppure, in molti hanno voluto rimboccarsi le maniche, sondare ogni possibile opportunità, dal delivery alla digitalizzazione.
Al coraggio e all’audacia di questi imprenditori dedichiamo il numero di Bargiornale di giugno 2020.
#semprepresenti #nonchiamatelamovida