Assistere in esclusiva alle masterclass di sei maestri della miscelazione, giudici della Campari Barman Competition, confrontarsi con la giuria tecnica e scambiare battute con i concorrenti. Tenere acceso il registratore per quattro giorni di fila durante le selezioni per i campionati mondiali baristi e le altre gare dedicate al caffè. E ancora: sedersi al tavolo della giuria del premio Sake Maestro, essere testimoni del rilancio delle infusioni a base di birra Nastro Azzurro o proclamare l’Artista del Panino 2016 per conto di Vandemoortele. Questo mese non ci sono certo mancati gli argomenti (mentre andiamo in stampa è in corso anche la finale del Diplomatico World Tournament). Nelle pagine che seguono (e nei mesi a venire) vi narreremo di performance mirabolanti, di ricette straordinarie, di professionisti talentuosi e appassionati. Tutti hanno dimostrato ottima padronanza delle tecniche, profonda conoscenza delle materie prime e uno spiccato interesse per gli ingredienti locali o dimenticati, dalla ricotta mustìa del croissant di Giorgio Borrelli alla kombucha, bevanda fermentata a base di tè usata da Andrea Barbato nel suo Americano. Onore al merito ai campioni.
Eppure i conti non tornano. Stando all’ultimo Rapporto Fipe, nei registri delle Camere di Commercio si contano 149.085 imprese appartenenti al codice di attività 56.3 (bar e altri esercizi simili senza cucina). Tuttavia, nel corso del 2015, hanno avviato l’attività 7.557 imprese e poco più di 13mila l’hanno cessata, con un saldo negativo di ben 5.564 unità. Un turn over consistente, che smentisce i tanti luoghi comuni che descrivono il bar come un’impresa semplice e di facili guadagni. Un’attività dove forse non bastano talento e passione fine a se stessi, se non accompagnati da una solida preparazione imprenditoriale. Se così non fosse risulterebbe difficile capire perché mediamente ogni anno circa il 10% delle imprese chiude bottega. Un dato che deve far riflettere, soprattutto le nuove generazioni. Perché il gioco vale la candela: secondo le stime dell’ufficio studi di Fipe, nel 2016, a fronte di un ulteriore calo dei consumi alimentari domestici (-0,3%), si è registrato un contenuto incremento di quelli fuori casa (+1,1%), in controtendenza rispetto al resto d’Europa.