Nell’Italia degli 8.000 comuni, i format originali non sono più solo ad appannaggio delle grandi città. Prendiamo la Bottega Nazionale, tra i portici di Chiavari, a pochissimi metri dalla via principale, quella che i locali chiamano con affetto caruggio (vicolo, in dialetto). È una riuscita contaminazione tra ristorante, street food, cocktail bar. Non si fa fatica a scoprire, però, che dietro c’è la visione di persone che hanno girato il mondo. Su tutti Francesco Leoni, da oltre vent’anni nel settore, rientrato “a casa” dopo importanti esperienze tra Londra, Dubai e Melbourne. Con lui, i soci Aligi Cavagnaro e Nicola Dondero, che nel 2014 hanno fondato Leoni Group. Oggi sono quattro le attività dell’azienda: Bottega Nazionale, appunto, ma anche il Circolo dello Sport, la gestione dello Yacht Club Italiano di Portofino e il Leoni Training Lab.
Lo street food come "grimaldello"
Bottega Nazionale, dicevamo. Il nome è già un programma: la bottega richiama l’anima più profonda e vitale di ogni agglomerato urbano, l’aggettivo nazionale in qualche modo allarga gli orizzonti. All’interno, è una crasi di materiali del territorio: le cementine (piastrelle) che decorano la zona bar, il legno d’ulivo, il marmo, l’ardesia, nonché cimeli originali del bisnonno di uno dei soci. È un’atmosfera che non lascia indifferenti. Ma è bello anche prendere posto nel dehors, sotto i portici di pietra. «Qui si viene per un aperitivo, per una sosta veloce, oppure per una cena - racconta Francesco Leoni -. Lo street food è il grimaldello che allarga l’offerta. In tanti vengono per un cocktail accompagnato da un piattino, ad esempio un cono di totanetti o acciughe fritte, e poi si fermano a cena. Lo street food è anche un modo per non dire di no, quando i tavoli sono pieni».
Tre le parole chiave del menu, curato dallo chef Gianluca Lucchi: semplicità, varietà e nazionalità. «C’è un focus sulla cucina ligure, e poi un lavoro sulla tradizione, non solo locale, riletta nelle ricette e nelle presentazioni. Ad esempio, le trenette al pesto sono servite all’interno di un vero mortaio. Nel menu, che cambia stagionalmente ed è ridotto nelle proposte per offrire sempre freschezza e qualità delle materie prime, si alternano carne, pesce e piatti vegetariani».
La carta dei drink si ispira al cinema
Anche la carta dei cocktail, curata dall’head barman Nicolò Pieri, riserva non poche sorprese. «Eravamo partiti da una busta e una cartolina, col tempo abbiamo aumentato la sua dimensione. Perché lo storytelling è fondamentale: nella carta trovano spazio la descrizione del bicchiere, un’idea dei sapori che si troveranno nel drink, ma anche qualche cenno storico». Sono 15 i cocktail in carta, tutti signature, e 3 i mocktail. «Ogni nome è ripreso da vecchi pezzi d’arte cinematografica, perlopiù italiana. Quest’estate abbiamo pescato anche dai tormentoni estivi: canzoni che hanno lasciato traccia indelebile nella memoria collettiva».
Un esempio di storytelling? “L’Eccezziunale veramente” è così descritto: “Dolce e fruttato. Mmmm, che idea bizzarra, ma aguzza shakerare insieme marmellata di ciliegie, Cachaça brasileira, succo di lime e poi certo... non può mancare un eccezziunale vermouth bianco ...”.
La filosofia di miscelazione è abbastanza chiara: la semplicità vince su tutto. «Generalmente usiamo pochi ingredienti e pochissime preparazioni home made, perché secondo noi c’è un mercato talmente vasto di prodotti certificati che farseli in casa è controproducente per svariati motivi». E per la gestione della bottigliera? «La nostra politica è non affollare magazzino e bottigliera, bensì creare un ciclo, grazie alla comunicazione con i fornitori, di offerte e prodotti diversi. Ciò garantisce un’offerta dinamica». Con un occhio al drink cost, anche perché siamo pur sempre in provincia, e i prezzi per cocktail oscillano tra i 7 e gli 8 euro.