A leggere i dati del Crt (Consejo Regulador del Tequila, l’ente messicano che certifica il distillato di agave), l’export di tequila in tutto il mondo è decisamente in crescita e l’Italia è uno dei paesi che registrano un aumento di acquisti a doppia cifra fra un anno e l’altro. Oltre 2 milioni di litri importati nel 2021 nel Belpaese, il 24% in più rispetto al primato precedente, raggiunto nel 2019. Con questo risultato l’Italia si attesta al nono posto tra le nazioni importatrici e al quinto in base alla qualità del prodotto acquistato: il 54% di esso appartiene infatti alla categoria ‘100% agave’.
Guardando la “classifica”, al primo posto c’è l’irraggiungibile livello degli Stati Uniti, che importano oltre 288 milioni di litri di tequila dal Messico, segue al secondo posto la Germania con 6,5 milioni (anch’essa in netta ascesa negli ultimi anni), quindi la Spagna a 4,7 milioni. Un podio parzialmente europeo, quindi, a dimostrazione che la diffusione del Tequila nel vecchio Continente è in rapida ascesa, trainata contemporaneamente dalla popolarità di alcuni drink di ispirazione messicana (Margarita e Paloma in primis, con tutti i twist che ne discendono) e dal sempre crescente apprezzamento che riscontrano i distillati da agave di alta gamma.
Casa Noble arriva in Italia
Una delle etichette che ha puntato tutto sul superpremium è Casa Noble, che fa parte del portfolio di Ruffino per Constellation Brands, e il cui lancio in Italia è partito dal 1° marzo. Un’etichetta di alta gamma (le bottiglie hanno un costo al pubblico intorno ai 70€), che si rivolge a un consumatore consapevole, che sa apprezzare elementi distintivi quali la tripla distillazione, l’imbottigliamento a mano e l’invecchiamento in botti di rovere francese (leggi più sotto l'intervista al mastro tequilero Jose “Pepe” Hermosillo).
Sandro Sartor, presidente di Ruffino e responsabile commerciale di Constellation Brands, spiega come per l’etichetta messicana, che conta 3 linee (Blanco, Anejo e Reposado) e diverse special release, sia stata formata una rete di vendita specifica, che consta di 25 agenti, concentrati soprattutto nel Centro-Nord. «Ci rivolgiamo a cocktail bar esclusivi ed enoteche specializzate in superalcolici artigianali e di nicchia: per i primi pensiamo che i prodotti superpremium di Casa Noble possano essere in linea con una miscelazione di alto livello, nel secondo caso consideriamo come target un pubblico di esperti”, spiega Sartor. E se il periodo primavera-estate servirà per affacciarsi sul mercato (Ruffino e i suoi prodotti, compresa Casa Noble, saranno in questi giorni al Vinitaly), dall’autunno Sartor annuncia un programma di attività di engagement, che possono comprendere anche competition per i barman. “L’obiettivo – afferma – è di arrivare entro due anni a una distribuzione da 10mila litri di tequila Casa Noble l’anno”
Tre domande a Bio Jose "Pepe" Hermosillo
Jose “Pepe” Hermosillo, fondatore e mastro tequilero di Casa Noble, viene da una famiglia fra le più importanti e antiche del Messico in fatto di produzione di tequila. I suoi antenati hanno cominciato fin dal 1700 a distillare agave azul nello stato di Jalisco ed Hermosillo ha fondato Casa Noble circa 25 anni fa, diventando patron e master distiller di questa etichetta di tequila superpremium. Oggi Casa Noble conta 150 dipendenti e una produzione da 1,2 milioni di bottiglie all’anno.
Una lunga tradizione di famiglia, quanto incide il fattore “legacy” sul prodotto?
Se da una parte è un vantaggio, dall’altra è una grande responsabilità. È anche per rispetto a questa lunga storia, che quando è nata l’etichetta Casa Noble, 25 anni fa, abbiamo scelto di orientarci sul mercato del Tequila di qualità. Della tradizione abbiamo tenuto alcune tecniche centenarie, come la raccolta a mano da parte dei nostri jimadores, alcuni dei quali fanno questo mestiere da molte generazioni, poi la cottura a bassa temperatura in tipici forni in pietra, e ancora la spremitura delle pigne, piuttosto che la rottura delle stesse, che è un metodo più rispettoso della materia prima.
Quanto è importante l’ambiente per il vostro progetto?
Per noi è fondamentale. La nostra è una coltura eroica, siamo nello stato di Jalisco, ad un’altitudine elevata e con una terra rocciosa. Coltiviamo in regime biologico (riconosciuto in etichetta solo per il mercato americano, ndr) e partecipiamo al programma Mexico Industria Limpia, che ci colloca fra le aziende del nostro paese attente alla sostenibilità. Per esempio con gli scarti di lavorazione produciamo compost, che riutilizziamo sui nostri terreni, oppure vigiliamo affinché la falda acquifera non venga contaminata. L’ambiente incide anche sul risultato aromatico finale: per esempio, lo stabilimento è circondato da piante di manghi, che influenzano la fermentazione, stimolando i lieviti nella loro azione quando il tequila riposa nei tank aperti.
Come è cambiato negli anni il mercato del Tequila?
Enormemente. Quando siamo partiti, specialmente per il mercato americano, il tequila era visto come l’alcol da feste e l’unico cocktail conosciuto era il Margarita. Oggi, grazie a prodotti come il nostro, il tequila è apprezzato anche come distillato da degustazione. E anche nella miscelazione è molto cresciuto il consumo, con drink più fantasiosi che rispettano il prodotto. A questo secondo segmento noi offriamo il Blanco, più giovane, o l’Anejo che con i suoi profili più complessi dati dall’invecchiamento conferisce un gusto più deciso ai cocktail. Referenze come il Reposado sono più per la degustazione. In molti paesi stiamo promuovendo anche il food pairing: il tequila ha una forte componente gustativa umami e non si abbina solo alla cucina messicana, ma dà risultati sorprendenti anche con quella asiatica.