Dopo anni passati a riflettere sulla storia della miscelazione, per i ragazzi del Jerry Thomas è l’ora di farla la storia. È questo il manifesto della nuova cocktail list dedicata ai Drink Immortali, ovvero i miscelati più iconici e conosciuti, ripensati alla luce degli ultimi 12 anni di sperimentazioni, ovvero di “alchemici studi”, come amano dire i ragazzi del Jerry.
È lo spirito di Foscolo che è entrato nello speakeasy più famoso d’Italia e ha sussurrato ai quattro fondatori del Jerry Thomas Project, Antonio Parlapiano, Leonardo Leuci, Roberto Artusio e Alessandro Procoli, oltre a general manager Simone Onorati, che per ridefinire la storia della miscelazione ed entrare a farne parte è necessario fare qualcosa per essere ricordati nell’eternità.
La nuova drink list passa attraverso passato, presente e futuro, che corrispondono alle tre sezioni di cui è composta: Twist on classics, Signature stagionali e House of classics.
Un progetto dedicato al mitico The Professor
Il pay-off è “non fecero la storia, la rubarono” perché per il progetto dedicato al mitico The Professor, lavorare sui classici resta la metodologia di sviluppo: «il twist on classic – spiega Simone Onorati – permette di applicare regole e ragionamenti illogici alle ricette più classiche, dando vita a nuove versioni, possibilmente migliori».
La contaminazione fra “arti” è contemporaneamente alla base della ricerca di ispirazione, ma anche della voglia di sconfinare del nuovo progetto del Jerry Thomas. Ed ecco che se da una parte Onorati ammette che l’ispirazione viene da qualsiasi campo (dall’arte alla storia, dalla musica alla gastronomia, dalla letteratura alla profumistica), nello stesso tempo i cocktail diventano oggetti d’arte. I cocktail della nuova drink list sono stati incorniciati per essere trasformati in “spiriti immortali”, diventando opere d’arte: «abbiamo riempito delle vasche con le componenti dei nostri drink e abbiamo utilizzato questi composti per creare delle tele, che vengono incorniciate e che sono andate ad abbellire le pareti del locale».
Drnk tra arte e storia
Fra i drink assaggiati, il Peat+Milk, un twist sul Grasshopper lavorato con un fat wash di kefir e yogurt, che va a smorzare le note affumicate del Laphroaig invecchiato 10 anni che fa da base. L’ispirazione in questo caso affonda le radici in un passato remoto, al tempo dei cacciatori-raccoglitori del Neolitico, che avevano a che fare con radici e bacche (rabarbaro e ciliegie selvatiche di montagna) e quello dei nostri avi preistorici, che intorno al 5500 a.C. hanno inserito nella loro dieta i latticini, a partire proprio dal kefir.
Il Banana Paradise è lo studio attorno al recupero di Simone Onorati per Flor de Caña, che è stato giudice nell’ultima Sustainable Cocktail Challenge, la competition del rum nicaraguense (leggi Roberto Cosentino vince la competition di Flor de Caña e vola a Berlino). Della banana al Jerry Thomas si utilizza tutto, dalla polpa alla buccia, il tocco di nocciola ammorbidisce il gusto, il macis (ovvero il rivestimento del seme della noce moscata) dà la nota speziata: l’obiettivo è un drink perfettamente bilanciato e con gli scarti azzerati grazie alla cialda di banana che fa da garnish e completa il drink.
L’Omotenashi è uno dei rappresentanti della categoria dei Punch, alla quale nella nuova drink list è dedicata una piccola sezione, composta da tre drink basati sui viaggi intorno al mondo dei marinai della Compagnia delle Indie. In questo caso è un omaggio al Giappone che parte dai Monti Sibillini, dove nasce il gin Vettore che viene utilizzato come base.