«Sto ufficialmente promuovendo i Duke da moscerini nel mio piatto a spine nel mio fianco». Sentenza firmata Boss Hogg, pronunciata con disprezzo panciuto, sigaro in una mano e whisky nell'altra. Non si riesce a dire se lo si ama di più per il gusto per la battuta maligna o per la Cadillac bianca con le corna sul cofano. Chi si godeva, negli anni '80, il telefilm Hazzard non può aver dimenticato il cattivo, il villain, della serie. Il quale, appunto, beveva whisky e incarnava alla grande quell'idea di bevuta per cattivoni duri e puri, ma in fondo in fondo morbidoni.
Il whisky bar che vuole segnare un'epoca
Boss Hogg è anche il nome del nuovo locale di Samuele Ambrosi, aperto a Treviso in Via Portico Oscuro da poche settimane. Un whisky bar «vero - ci dice Ambrosi, già titolare di CloakRoom, di La Pace e dei laboratori di miscelazione CloakStudios - dove tutto è a base whisky, inclusi gli analcolici, senza concessioni; un locale verticale vero». La scelta di citare l'arci-nemico di Bo e Luke, spiega ancora Ambrosi, «non è per un tributo, non è per creare un locale legato alla serie tv, ma è una finezza. Un dettaglio che richiama un villain simpatico e divertente, che aveva sempre un buon calice di whisky in mano. E poi rappresenta un buffetto, una strizzatina d'occhio a chi ha la mia età o giù di lì (Samuele è classe 1978, ndr) che intanto vuole suscitare, nei più giovani, la curiosità di capire chi era Boss Hogg e cosa è stata quella serie. Che ha segnato un'epoca». Allora la connessione c'è, eccome. «C'è in questo senso: anche noi vogliamo segnare un'epoca, con il primo whisky bar sulla piazza e con soluzioni e proposte che facciano cultura sul whisky. Al Boss Ogg si può bere anche al centilitro, si ha la possibilità di assaggiare diverse referenze e capire se fino a ieri non si era trovato il giusto approccio o il giusto racconto».
«Accompagnare il cliente parlando come un vero appassionato»
Chi racconta qui? Dietro il bancone di questo locale da 50 mq e 17 coperti c'è Federico Zivillica, «un malato di birra, un Wikipedia della birra. Per fare i locali fighi non servono i fenomeni, se hai una squadra che ti accoglie e ti mette nelle condizioni migliori per lavorare in un certo modo, anche se non possiedi sopraffina tecnica di miscelazione puoi lavorare bene, puoi imparare». Dietro il banco del Boss Hogg non si shakera, si lavora con drink in pre-batch e si ottimizza ogni secondo. «Ma Federico è qui perché è un vero appassionato e conoscitore della birra - la quale tanto ha in comune con il whisky -, conosce ogni dettaglio delle fermentazioni ed è sempre stato un curioso del mondo spirit. È qui perché è capace di accompagnare il cliente, perché è capace di parlare da appassionato senza mai sembrare saccente». Chi accompagna? «La "bevuta da vecchi", consentitemi la semplificazione, sta tornando, ovviamente rivisitata», dice sempre Ambrosi. «Con soddisfazione vedo che buona parte della clientela di queste prime settimane è molto giovane, consapevole di cosa sta bevendo e del fatto che serve del tempo per assaporare e capire i nostri drink. Non avevo preventivato tutto questo interesse, ma è un bene e credo sia anche da imputare all'esplosione del whisky nell'ultima decina d'anni; nella ritrovata fortuna di un prodotto che prima era solo Scozia e America, e oggi è molto di più».
Il senso del tempo in un Old Fashioned
A questo punto un Boss Hogg stizzito ci mollerebbe uno sganassone (verbale) dei suoi: ma vogliamo parlare di whisky o no? Ok, ok. Vai con due ricette, per cominciare.
«Il drink che ci sta dando più soddisfazioni è il Breakfast Manhattan, siamo riusciti davvero ad avere volumi importanti con questo cocktail», racconta Ambrosi. È in carta a 10 euro: Corn Straight Whiskey, Lillet Blanc, un cold brew selezionato da Taste Coffee & More sempre di Treviso, liquore alla vaniglia, latte chiarificato, gum syrup e corn flakes. Altro cavallo di battaglia è l'Old Fashioned in stile aged bottled. «Abbiamo studiato come far percepire il tempo in un cocktail. Lavorando in laboratorio in Cloakstudios abbiamo affinato questa tecnica: se fai un pre-batch, lo tappi con un tappo di sughero e lo metti in un ambiente contaminato da un aroma, il tappo fa da conduttore. Nel caso di questo drink la bottiglia resta "immersa" in un blocco di fieno per sei mesi, il fieno trasmette aromi floreali di campo e paglia all'Old fashioned e il risultato è un cocktail assolutamente unico. Un qualcosa che si trova solo qui». Ambrosi e i suoi ragazzi sfruttano tutto il potenziale del "sistema Cloak" messo in pista negli ultimi anni, con la sinergia tra i locali e il lab. «Diventava inclazante la richiesta di un whisky sour, ma al Boss Hogg ho una persona che non sa shakerare, come dicevo. All'aumentare delle richieste ho pensato di studiare una soluzione, arrivando a un sour non shakerato e chiarificato in agar agar. Così il drink si può servire prendendolo direttamente dal frigo e versandolo in un bicchiere con sfera di ghiaccio».
Con il ghiaccio si fa sul serio
Ambrosi ha introdotto anche qualche altra furbata nel servizio, traendo ispirazione da soluzioni viste all'estero. Per rendere la sua whisky lounge (con 450 referenze nel bottigliere) ancora più esclusiva. Ha aperto con un tasting firmato Caol Ila 14 yo, 54,4% Vol imbottigliato apposta per Boss Hogg, casks nr. #309564-65. Una selezione speciale di due botti di single malt di Islay, affinate per 24 mesi in Oloroso di primo riempimento (idea messa in pratica col supporto di Wilson & Morgan by Rossi & Rossi). «Ogni anno sceglieremo una botte e faremo un imbottigliamento privato». Poi c'è il locker da 10 celle, perfetto per gli appassionati che vogliono acquistare e conservare presso il locale una bottiglia speciale, tenuta sotto chiave naturalmente. Ancora: le release più particolari si possono portar via in bottigliette da 4 o 5 cl, con l'etichetta del Boss Ogg e la precisa volontà di creare effetto di risonanza, di far parlare del locale.
«Dare il tempo al whisky di fare il whisky»
Infine, il gran lavoro sul ghiaccio. «Abbiamo studiato dei drink che necessitano di perfetto equilibrio tra temperatura e diluizioni», conclude Samuele Ambrosi. «Il cliente non è in piazza che beve un Mojito, piuttosto assapora un cocktail con tempi lunghi, bisogna dare il tempo al whisky di fare il whisky. Quindi il volume di ghiaccio deve essere importante. Lo produciamo agli studios con un macchinario che usa acqua addolcita e che abbassa la temperatura gradualmente, così il ghiaccio ha il giusto tempo di formarsi e di crescere. Dopodiché viene tagliato tutto a mano». Da Ambrosi in persona. «Mi sono riscoperto segaiolo», ride lui. Vabbè, dai, battutaccia da cartellino rosso. Boss Hogg lo liquiderebbe come solo lui sapeva fare con il suo sottoposto non-proprio-sveglissimo Rosco: «Nella tua testa ci deve essere una bella eco. C'è un sacco di spazio vuoto».