Italia terra di santi, poeti e…paesani. Il nostro Paese, salvo alcune realtà metropolitane, si caratterizza per essere dominato dai piccoli e medi comuni e le Marche ne sono la rappresentazione più nitida. L’intera regione, infatti, ha circa lo stesso numero di abitanti di Milano. Con una media di 2.000 abitanti per Comune. Fare miscelazione qui, dunque, vuol dire rispondere a esigenze differenti dalle realtà urbane. Ne sanno qualcosa i ragazzi di Moonshiners, cocktail bar di Civitanova Marche (Mc). «Quando abbiamo iniziato eravamo tra i primi cocktail bar delle Marche, anzi forse i primi», sorride Alessandro Castagna, uno dei tre soci. Alessandro ha aperto Moonshiners nel 2014, assieme al socio Massimiliano Orsili. Si è poi aggiunto nel 2017 il barman Davide Illuminati, che era già loro collaboratore. «Quando inaugurammo - spiega Alessandro - qui c’era soltanto la cultura del drink da discoteca o pre-disco. Mentre in Italia i cocktail bar esplodevano, da noi il primo passo è stato creare un mercato, attrarre il consumatore e, in parte, educarlo a un nuovo modo di bere». E per riuscirci è stato fondamentale lo sviluppo di tutta la “filiera”. Massimiliano racconta che «rispetto al 2014 c’è stata un’evoluzione di tutti coloro che lavorano nel mondo dell’hospitality e nella distribuzione di alcolici. Gli stessi grossisti e i fornitori hanno aumentato l’interesse e l’attenzione verso i distillati e i prodotti legati alla mixability. Oggi anche qui è normale vedere, nelle aziende di distribuzione bevande, un responsabile che si occupa solo della gestione dei prodotti per i cocktail bar».
Un lavoro sul territorio che si è espresso, e continua a esprimersi, anche nella volontà del locale di coniugare i gusti internazionali dei drink coi sapori familiari del Centro-Sud marchigiano. Come il cocktail El Guapo, drink dal chiaro rimando messicano vede però il mezcal miscelato al vino cotto (prodotto locale), precedentemente infuso nel caffè. Il cocktail è servito con un cantuccio e proposto come bevuta adatta all’inverno inoltrato. Il menu, seguendo la stagionalità dei prodotti, cambia ogni 2 mesi, con la rotazione di cocktail più adatti al periodo dell’anno, che affiancano i grandi classici e i signature di Moonshiners. È un’identità forte quella che i titolari hanno dato al locale, che si rifà, per luci e colori, ai bar clandestini del Proibizionismo. Passione, quelli per i tempi dei bar proibiti, che si ritrova non solo nel nome, ma anche nel bicchiere. «Abbiamo voluto riportare nel menu quello che era il mondo della distillazione illegale. Preferiamo miscelare distillati grezzi, bianchi e poco raffinati».
L'ambizione di diventare un craft bar
I Moonshiners usano distillati giovani (nazionali e internazionali) ai quali amano abbinare liquori e prodotti locali. Con l’obiettivo di provare a costruire un legame tra la miscelazione internazionale e i prodotti di zona: una sorta di “glocalizzazione” nel bicchiere. Questo perché uno dei pilastri del Moonshiners è il connubio col territorio. A dimostrazione che anche in una zona priva di una tradizione forte in ambito di distillazione è possibile portare nei drink i sapori del territorio e farne un’attrattiva per il turista. Un esempio è il “falso vermouth” ottenuto da un blend di vino Verdicchio fortificato con liquore alla genziana e aggiustato con zucchero (al posto del vino rinforzato, prodotto che non appartiene alla tradizione marchigiana). Oppure il “vino” di visciole, ricavato dall'omonima varietà di ciliegie e tipico del Nord della regione, che i ragazzi usano in sostituzione del vermouth. E la stessa attenzione è posta anche nella preparazione degli homemade. Ne sono un esempio le tinture di santoreggia e spaccasassi (piante mediterranee molto usate nella cucina marchigiana) ottenute con una infusione in spirito per circa 4 settimane. Prodotti fatti in casa che i tre soci vogliono portare a un altro livello, con l'ambizione, cioè, di diventare craft bar. «La nostra non è una realtà di mastri distillatori da cui poter imparare. C'è però la voglia e stiamo studiando per arrivare a distillare in maniera autonoma i nostri spiriti». Perché fare miscelazione in realtà come Civitanova non vuol dire emulare i grandi maestri internazionali, ma apprendere da loro e declinare il tutto in base alla propria realtà.
Un forte legame con il terroir
Il legame con la terra si estende anche oltre i drink. Ne sono un esempio gli arrosticini serviti al momento dell’aperitivo. O i salumi, provenienti dai luoghi che hanno sofferto di più il terremoto del 2016. E pure il servizio alla mescita. «La nostra zona è ricca di realtà vinicole d’eccellenza: dal Pecorino al Montepulciano, dal Verdicchio alla Passerina. Così abbiamo deciso - spiegano i titolari - di sbicchierare solo bottiglie locali, promuovendo le realtà del territorio.» Non fa eccezione la birra, la Peaky Blinders pensata e realizzata con il birrificio Ibeer di Fabriano e venduta in esclusiva da Moonshiners. «Quando abbiamo creato la Peaky Blinder l’avevamo concepita come una mild, il tipo di ale che nei primi del Novecento conquistò le classi lavoratrici di Londra. Poi con i ragazzi di Ibeer ci abbiamo lavorato sopra e alla fine l’abbiamo trasformata in una Ipa, mantenendo però le caratteristiche organolettiche di base. Nelle Marche la realtà dei birrifici artigianali è prolifica e positiva e, poiché noi non siamo solo cocktail bar ma lavoriamo anche alla mescita, abbiamo voluto creare un nostro microcosmo dedicato alla birra. Qualcosa che non fosse solo un'integrazione. Abbiamo infatti un angolo spillatura con otto spine. Ora abbiamo solo la Peaky Blinder, ma l’ambizione è quella di creare un’intera linea di birre nostre». Il progetto di Moonshiners insomma è un percorso che si lega in maniera circolare con la realtà locale in cui è nato. Con i tre titolari spinti dalla voglia di portare le tecniche di miscelazione più moderne e il gusto del buon bere anche al di fuori delle grandi città. Consci delle responsabilità e con la consapevolezza che la miscelazione in provincia ha bisogno di un lavoro sinergico col territorio, per esaltarne le eccellenze (le foto del servizio sono di Mak Studio).