Una drink list a tema Africa, sahariane con tanto di elmetto per divisa dello staff, la notizia che trapela sull’intenzione di appellare i cocktail con nomi di tribù africane (saggiamente abbandonata a vantaggio dei Paesi che ospitano le riserve dei rinoceronti). Shakerare, aggiungere un drop di cancel culture, tanto di moda di questi tempi, e la polemica sulla nuova cocktail list del Rhinoceros è fatta.
Polemica innescata nuovamente dal Gambero Rosso, come già fu qualche mese fa per la riapertura dello storico Caffè Giacosa di Firenze (qui l’articolo con la risposta del Gruppo Valenza) e prima ancora su Niko Romito e l’offerta del ristorante Bulgari a Roma. Ne abbiamo parlato con Matteo "Zed" Zamberlan, il navigato bar manager che già guidava il bancone del The Court della medesima proprietà, il gruppo Manfredi Fine Hotels Collection, e al quale è stato chiesto di occuparsi anche del Rhinoceros Bar, il lounge bar con vista, in cima alla Fondazione Rhinoceros, il palazzo dell’arte di Alda Fendi.
Riavvolgiamo un attimo il nastro, che cosa è successo?
Come sapete, il Rhinoceros Bar era stato inaugurato a maggio (qui l’articolo che racconta l’evento, ndr), ma dell’apertura non mi ero occupato io. Dopo l’estate, per dare maggior risalto al bar, la proprietà del The Court, con cui collaboro già dal 2019, mi ha affidato anche la gestione del Rhinoceros. Sono quindi intervenuto sulla bottigliera, sulla squadra e sulla cocktail list, pensandone una nuova, i cui contenuti sono stati condivisi con la proprietà.
Quale è stata l’ispirazione?
Tutto parte dal rinoceronte che dà il nome allo spazio, voluto da Alda Fendi come simbolo del progetto. Inoltre, sono reduce da un recente viaggio in Africa, anzi un safari. L’accostamento rinoceronte-Africa-safari è venuto spontaneo, ma ovviamente stiamo parlando di esplorazione, scoperta, viaggio. Nessuna intenzione aggressiva o riferimento al colonialismo, come ha insinuato il Gambero Rosso. Al massimo un omaggio al libro Cocktail safari del nostro amico Stefano Nincevich (ed. Tecniche Nuove, ndr), dal quale confesso di aver mutuato anche l’idea delle divise che vedete nelle foto di presentazione, ma che non sono quelle di tutti i giorni, per quello ci sarà una più semplice sahariana.
A proposito, come è entrato nella faccenda il Gambero?
Il nostro ufficio stampa era in ballo con loro per un’anteprima. È vero che sono loro che ci hanno consigliato di rinunciare a chiamare i cocktail con i nomi delle tribù e abbiamo accettato il suggerimento, ma per noi era finita lì. Stavamo continuando a lavorare per l’opening con giornalisti e influencer, che è avvenuta lo scorso 26 ottobre, e a mettere a punto la proposta. Poi qualche giorno dopo un articolo che ci tacciava di neo-colonialismo e razzismo.
Il primo pensiero quando l’avete letto?
Che erano fuori strada, ma anche che se parlano male di noi, così come hanno fatto in precedenza colpendo big come Niko Romito, evidentemente contiamo qualcosa.
In pratica “bene o male, purché se ne parli”.
Se vogliamo leggerla così… la cosa più importante sono i numeri, il sabato dopo la presentazione il locale era pieno.
Parlando del progetto, come lo vogliamo descrivere?
La drink list si chiama Safari Cocktail Book, è suddivisa in tre sezioni denominate Tanzania, Zimbabwe e Namibia, da cinque cocktail ciascuna. Di queste, una è dedicata ai mocktail, perché lo zero alcol è un tema a cui tengo molto. Ci sono alcuni ingredienti tipici dell’Africa, come il dattero, ma non c’è esclusivamente quello: uno perché sarebbe stato limitante e a me piace dare più possibilità di scelta al cliente, due perché non siamo un African bar, ma si tratta solo di un’ispirazione, di un tema, che peraltro è ancora un work in progress, che nelle prossime settimane si arricchirà di nuovi elementi.