L’arcipelago delle Isole Fær Øer, situato nel Mar di Norvegia e quasi alla stessa distanza tra il Nord della Scozia e l’Islanda, non è mai stato un paese votato al consumo di alcool e ancora meno di super alcolici. Questo perché storicamente, fino agli inizi degli anni Novanta, le imposizioni governative erano particolarmente severe. Il 1992 segna una svolta sostanziale nella gestione di questa tipologia di bevande all’interno del paese. Prima di questa data, ogni cittadino in regola con le tasse e con più di diciotto anni compiuti, aveva il permesso di acquistare dodici bottiglie di alcolici da non più di 70 cl ogni quattro mesi, ovvero una alla settimana. Un limite che si cercava di non superare procedendo agli acquisti poco alla volta, in modo tale da non cadere in tentazione con bottiglie piene in casa.
A partire dal 1992 questo tipo di setup venne rivisto liberalizzando l’acquisto e quindi il consumo di superalcolici, vino, birra. Contrariamente a quanto si era inizialmente temuto, pensando che la popolazione si sarebbe riversata ad acquisti massivi, il consumo addirittura diminuì perché le persone avevano sviluppato un atteggiamento più rilassato proprio perché non forzate a dover rientrare in parametri fissi di acquisto e consumo. Aggiungiamo anche che la produzione stessa di questi prodotti è rimasta illegale per molti anni mentre ne venivano accettate la diffusione e commercializzazione. È stato così che Dism, la più grande spirit company faroese fondata nel 2018, aprì collocando la sua produzione in Danimarca (spostata in secondo momento in Islanda) per poi tornare vendere sulle isole. In una intervista rilasciata nel 2016 il founder Erling Eidesgaard racconta l’incredibile lavoro fatto per evidenziare il controsenso legislativo secondo il quale alle Fær Øer Islands si poteva vendere, acquistare, bere alcool ma senza avere la possibilità di produrlo.
Faer Distillery pioniera di una nuova cultura del bere
Fortunatamente negli ultimi dieci anni le cose sono cambiate (in meglio) e molte situazioni sono state sbloccate. Culturalmente la maggioranza degli abitanti locali continua a essere piuttosto conservatrice ma lentamente, grazie all’interesse delle generazioni più giovani e all’intraprendenza di pochi, si inizia a formare una cultura del bere anche in questi luoghi. I ragazzi di Faer Distillery ne sono l’esempio migliore e sicuramente tra i più interessanti da un punto di vista economico e finanziario. Una delle distillerie più a Nord del mondo e seconda dell’arcipelago, fondata da due appassionati e intrepidi amici: Bogi Karbech e Danial Hoydal.
Spirit rappresentativi del territorio
Dal 2018 a Vestmanna, sull’isola di Stremoy, i due lavorano per produrre prodotti di alta qualità e il più possibile rappresentativi del territorio faroese. Il gin presenta un sentore pungente di alghe marine e sapidità, la vodka è la prima al mondo prodotta con acqua di sorgenti sottomarine, mentre l’acquavite arriva da una distillazione di angelica e alghe. L’aquavit (akvavit) è forse ancora il distillato di maggior consumo nelle isole per via della tradizione che vede accogliere gli ospiti nelle proprie case con un corno di capra riempito di acquavite come augurio di benvenuto.
In arrivo anche un whisky
Il vero obiettivo finale di Faea Distillery non si limita però a queste etichette più commerciali perché da qualche tempo il team sta lavorando al primo batch di whisky faroese al mondo. Insieme a Gordon Steel, professore universitario di birra e distillazione oltre che rinomato consulente per diverse compagnie scozzesi, «abbiamo sviluppato una ricetta unica e rappresentativa delle Isola Fær Øer. Volevamo che anche il whisky, così come tutti gli altri prodotti, potesse avere un profilo aromatico capace di raccontare la potenza del vento, dell’acqua e le atmosfere remote del nostro arcipelago. Da qui l’idea di un whisky leggermente affumicato e con un tratto sapido-marino particolarmente marcato» ci racconta Bogi.
«Se questo prodotto per dare risultati ottimali ha bisogno di una pressione dell’aria costante, salinità elevate e molta umidità, allora le Isole Fær Øer sono teoricamente un posto migliore rispetto alle Highlands scozzesi per produrre whisky» ci spiegano.
L’invecchiamento è senza ombra di dubbio uno dei fattori determinanti il gusto finale del liquido e per coerenza ed efficacia si è scelto di applicare i vecchi metodi di conservazione del cibo anche al mondo dei distillati. Così Faer Distillery ha costruito delle camere di legno, opnahjallur, nelle quali collocare i barili ad invecchiare, lasciandoli esposti ai venti e alle particelle di umidità iodata.
Una community di oltre 800 membri
Nel 2020 è stato creato un club di sostenitori del progetto (whisky enthusiasts così come clienti affezionati e amici) che hanno investito una quota di partecipazione in questa prima linea di produzione e nel 2021 e 2023 sono stati lanciati altri due crowfunding. Questo ha permesso ai ragazzi di farsi conoscere nel mondo e di essere ad oggi una community di oltre 800 membri in ventisei Paesi differenti del mondo. Tutti i venerdì è possibile visitare la sede centrale della distilleria e bere un drink realizzato con i loro prodotti nella zona bar/lounge che è stata creata apposta come luogo di ritrovo per la comunità.
Nel frattempo, a pochi chilometri di distanza, è in costruzione una nuova bellissima sede che fungerà da luogo polifunzionale per i turisti e la gente del posto. Un magazzino affacciato su panorami incredibili, in cui poter aumentare ulteriormente lo spazio di stoccaggio, dove poter raccontare meglio la storia e il lavoro di Faer Distillery, chissà magari creare anche degli outlet di ristorazione e miscelazione. Fino ad allora dobbiamo armarci di pazienza perché i primi imbottigliamenti di whisky faroese saranno disponibili solo nel 2026. Omnia cum tempore!