È uno dei pochi edifici realizzati molto probabilmente su progetto di Antonio Sant’Elia, l’esponente più importante dell’architettura futurista in Italia. Ora è un esempio di recupero di archeologia industriale nella zona Nord di Milano: lo Spirit de Milan.
Così se una parte dello stabilimento delle cristallerie F.lli Livellara è ancora destinata all’attività aziendale, un’altra dal 2016 è diventata pista da ballo, teatro, sala musica, bar e ristorante, luogo di ritrovo. Con l’acquisizione dell’area (11.000 mq), la famiglia Livellara nel 1964 vi trasferì la parte produttiva e commerciale di cristallo che prima era a Murano. Oggi, l’edificio principale è adibito a sala campionaria e uffici della Livellara, mentre la gestione del magazzino in interinale ha liberato un’area (2.000 mq) che è stata affittata e data in gestione a Klaxon, società che opera nel campo dell’exhibition design e ideatrice del festival Swing’n’Milan, che ha curato il progetto di recupero per trasformala in un polo per la cultura e la musica, con zona ristorante di cucina milanese e 4 punti bar.
Il recupero architettonico
Il progetto di recupero ha preservato l’identità della struttura, adeguando lo spazio alle necessità funzionali di un esercizio adibito a pubblico spettacolo. Il mantenimento delle integrazioni avvenute nei quasi 100 anni di vita, con la stratificazione della storia umana e produttiva succedutasi nel tempo, ha consentito di riappropriarsi del genius loci. Pavimenti industriali, pilastri in cemento armato, pareti in muratura a blocchi, grandi serramenti in ferro danno vita alla scenografia di Spirit de Milan. La scelta degli arredi rispecchia lo stesso principio di recupero dei materiali esistenti: la struttura dei tavolini bassi del bar è quella dei carrellini adibiti al trasporto merci, per il piano è stato utilizzato il legno di vecchie porte o casse, le sedie in legno e le lampade sono come quelle utilizzate nel periodo di costruzione dell’edificio. A sottolineare l’atmosfera vintage, la zona della cantina/trattoria (sopraelevata di 80 cm rispetto alla sala da ballo) è definita in profondità da una serie di tini di macerazione, forse appartenuti all’Amaro Cora, e da grandi tavoli da 16 posti.
Il foyer riprende le atmosfere dei bar anni ’30 ed è arredato con scenografici lampadari e un bancone degli anni ’20 recuperati dalla dismissione dello Shanghai in zona Stazione Centrale. Il progetto illuminotecnico incrementa il mood generale, con luci a incandescenza dove necessario e tinte arancio che richiamano le lampade al sodio, protagoniste fino a pochi anni fa delle periferie. L’essenzialità dell’arredamento che ripropone quello di osterie e bar del secondo dopoguerra ben si integra con la struttura lasciata a nudo.
Lo spazio interno gode di un ampio cortile attrezzato con due punti bar, dove d’estate si balla. È il nucleo dove, dall’estate 2015, si è sviluppato il progetto ideato da Luca Locatelli per il periodo dell’Expo: ricreare un luogo con l’atmosfera del periodo fra le due guerre. Ecco che nella zona Nord di Milano torna la “vita da bar” di un periodo fondato sulla convivialità autentica.