Disegnare un quadro preciso della birra artigianale italiana, con numeri alla mano, è sempre stato problematico ma la ricerca promossa dalla storica associazione di categoria, Unionbirrai, in collaborazione con il Laboratorio ObiArt dell’Università di Firenze è un ottimo punto di partenza per tracciare un identikit di queste aziende che, nell’ultimo ventennio, si sono moltiplicate in tutto il territorio nazionale con ritmi di crescita esponenziali prima al Nord e poi anche nelle altre regioni italiane. Il comparto, forte di circa 700 unità produttive, rappresenta uno dei fenomeni più interessanti nel mondo del beverage e ha contribuito a cambiare non solo la percezione della birra in sé ma anche alcune modalità di consumo sdoganando, in parte, il prodotto birra in circuiti storicamente refrattari come enoteche e ristoranti.
Un comparto fatto di piccoli e piccolissimi
La ricerca, riferita al 2018, ha visto la partecipazione di quasi un centinaio di interlocutori (97 per la precisione). Ne esce un quadro realistico, cresciuto sia in termini di unità produttive (+55% nel triennio 2015-2017), sia di addetti ai lavori (+16%), ma che risulta essere rappresentato nella sua quasi interezza da aziende di piccole se non piccolissime dimensioni. L’84% degli intervistati hanno meno di cinque dipendenti e ben il 51% risultano essere imprese individuali.
La maggior parte sono birrifici (57%) mentre un quarto del campione si è professato brewpub, nel senso che produce e somministra la birra direttamente al consumatore. Dimensioni e formula a parte, i risultati economici sembrano tuttavia essere più che soddisfacenti: per il 73% degli intervistati il fatturato è in crescita e la media per azienda è di circa 380mila euro all’anno. Un risultato positivo anche alla luce della carta d’identità del birraio artigianale italiano per lo più maschio, quarantenne e in possesso di un titolo di studio superiore (diploma o laurea) e che ha avviato la sua attività nel 2010.
Focus sulle birre ad alta fermentazione
Per quanto riguarda la produzione, le birre ad alta fermentazione, contrariamente ai grandi birrifici di proprietà delle multinazionali, continuano ad andare per la maggiore (73% dei volumi complessivi) e la maggioranza assoluta (51%) “viaggia” in fusto a significare un canale di vendita che predilige anche oggi i locali specializzati, pub e birrerie in primis. Una tendenza che tuttavia potrebbe essere controbilanciata nei prossimi anni considerato che la bottiglia, contenitore di gran lunga più utilizzato anche a fronte della riemergente lattina, è il passe-partout per accedere alla gdo e ai locali non specializzati. Le piccole dimensioni medie di un birrificio artigianale infine costituiscono un limite distributivo: il 38% degli intervistati ha infatti rivelato di distribuire le proprie birre solo localmente e il 29% all’interno dei confini della propria regione.
Ai consumatori piace
Altrettanto interessanti i numeri del report scaturiti da un’altra indagine diretta volta a conoscere il consumatore sia di birra artigianale sia di birra industriale che il consumatore di sola birra industriale (1.000 i questionari completati). Solo un dato: per quanto riguarda il trend relativo ai consumi di birra artigianale viene confermato anche per il futuro un andamento positivo con oltre il 40% degli intervistati che dichiarano l’intenzione di aumentare i consumi del prodotto artigianale.