Passione è il termine più volte ripetuto nel corso della prima edizione di Starbucks Barista Championship Italia che si è svolta lo scorso luglio presso la luminosa caffetteria Starbucks di via Turati a Milano. Ci vuole, infatti, tanta passione per diventare un barista di Starbucks insieme ad un'ottima preparazione frutto di un training mirato. Non è, dunque, un caso che la formazione sia sempre stato un passaggio strategico per la catena di Seattle. In Italia, la responsabilità di tale area è affidata a Federica Parisi, sales & business development manager Starbucks presso Percassi (licenziatario unico di Starbucks in Italia) che ha svelato a WeBar il percorso di formazione di un barista della catena. Un percorso che dura 4 settimane, seguendo un programma ben preciso. Il primo giorno l'allievo viene accolto da un trainer o dal manager di riferimento e si fa un primo passaggio: il coffee tasting. Alla teoria viene anteposta la pratica, che nella prima settimana comprende la realizzazione di espressi (non si utilizzano macchine superautomatiche, ma le Black Eagle di Victoria Arduino) e di latte montato a crema. Nelle due settimane successive a espressi e latti si aggiungono le numerose bevande fredde della catena, quindi gli "apprendisti" imparano a usare la cassa e nella quarta settimana il training si concentra sul food.
“Altro…”
«Il nostro barista sa stare dietro il bancone, preparare un espresso perfetto, operare in cassa e realizzare panini deliziosi - afferma Federica Parisi -. Il nostro è un cammino formativo che si compie tutti insieme e con il supporto dei partners/dipendenti del punto vendita, con il quali il nuovo barista instaura da subito un legame profondo, che si allarga a tutta la catena (a oggi il turnover è inferiore al 10%,ndr)». Meglio neofiti o addetti ai lavori? «È indifferente. Chi già sa (o crede di sapere) rimane stupito da un approccio formativo tanto diverso da quello classico sia da un punto di vista professionale, sia da un punto di vista umano. Ad esempio, siamo molto attenti alla pulizia: durante la giornata, le attrezzature e le loro singole parti (filtri, portafiltri, lance vapore, piani macchina ecc.) devono essere sempre puliti e la sera si passa alla manutenzione delle macchine. Si tratta di un’operazione alla quale anche chi lavora già nel settore non è abituato, eppure è una parte fondamentale di quella qualità a 360 gradi che vogliamo offrire al nostro cliente». Federica Parisi ha scelto la miscela che viene offerta nei punti vendita italiani di Starbucks: si tratta di una miscela Blonde Espresso Roast, tostata chiara, 100% Arabica, realizzata con caffè provenienti dall’America Latina, che conferiscono corpo e rotondità, e dall’Africa orientale che aggiungono note di limone, arancia e caramello. «Questo blend è stato lanciato a gennaio e rappresenta una sfida: sarebbe stato semplice offrire la classica tazzina amara, che in genere l’italiano “aggiusta” con lo zucchero o il latte. Questo è un caffè che non ha bisogno di alcuna aggiunta: i clienti se ne accorti e hanno gradito molto la proposta». E veniamo alla competizione che ha visto gareggiare 11 partner di 4 punti vendita Starbucks del Milanese: Malpensa, San Babila, Corso Garibaldi e Stazione Centrale. La prima prova è stata di abilità nel realizzare due espressi, due caffelatte e due flat white; nella seconda i concorrenti hanno realizzato un’estrazione in french press con uno dei caffè di Starbucks, raccontando la preparazione, le caratteristiche del caffè utilizzato e le motivazioni alla base della scelta. La giuria era composta da Lauro Fioretti, chief engineer di Nuova Simonelli, Andrea Cremone, barista e trainer autorizzato Sca, Andrea Matarangolo, coordinatore education di Sca Italy e Federica Parisi. Ha vinto Francesca Pedretti, 21 anni, partner dello Starbucks Garibaldi: a novembre sarà lei la rappresentante italiana alla finale londinese per l’elezione dell’Emea Barista Champion. N.R.